Rassegna storica del Risorgimento

PECCHIO GIUSEPPE SCRITTI
anno <1980>   pagina <140>
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Aldo Garosa
nazionale che ha permesso il ristabilimento della Grecia è presente al Pecchio; questo spettro della questione d'Oriente si è aggirato per l'Europa ottocen­tesca molto più a lungo e con più efficacia del comunismo . Quanto alla Costi* tuzione, il Pecchio sembra guarito dalla sua esaltante fede nella Costituzione di Spagna, in cui riconosce un semplice valore di parola d'ordine un motto, un segno di riunione ; la Costituzione deve esser definita da una Costituente, e comporterà, è sottinteso, due Camere. I Carbonari non hanno origini sovversive: essi rappresentano oggidì il partito guelfo che molti secoli addietro era il par­tito italiano che lottava contro la verga tedesca . È, in realtà, un guelfismo un po' speciale quello del Pecchio, e tanto più significativo: il Padre nostro a cui, secondo il catechismo devono indirizzarsi due volte al giorno gli Italiani, è il gran Geometra e sapientissimo Architetto dell'Universo , che però, appunto perché ha tracciato i confini tra i popoli, anima i liberatori. E molte cose, dice, questo Catechismo sulla cultura composita cui si riattacca il Pecchio: Oh tu, che ispirasti a de Pradt, a Bignon, a Sismondi, a Vitebread, a Brougham, a Mackin-tosh, a Hallam, a Gioia, Monti, Alfieri e Berchet energiche prose e fulminei versi... . Come per il Manzoni dei primi anni della Restaurazione, il Monti, e non il Foscolo, grandeggia sempre tra l'illuminista Gioia e i cantori del tiranni­cidio e dell'esilio, Alfieri e Berchet II Foscolo e il Pellico sono taciuti.
Si comprende perciò che il Pecchio dovesse accogliere con scetticismo, pur dopo averne sentito la forza, la nuova visione che della società segreta, in cui dal pensiero discende immediatamente l'azione, e non semplicemente la prepara­zione per un qualche giorno futuro, la nuova visione romantico poetica del Maz­zini, che a poeta dell'esilio innalzava il Foscolo, quantunque il poeta delle Gra­zie non avesse agito , la forza di ispirazione che opera all'infuori delle con­venienze diplomatiche e delle considerazioni dinastiche, che conta sull'azione dei fuorusciti.
Pur nella vivacità delle passioni, i piani del Pecchio restano, in confronto, scheletrici, tutti politici. Eppure non è da sottovalutare quanta parte del suo programma (compreso il machiavellico disegno d'interessare all'impresa i po­tenti del giorno) persistesse come sottofondo della questione italiana , anche se dovevano essere grandi, impensate energie a svincolare dalle secche dell'impo­tenza quei disegni e quei sogni. Dalla funzione del Piemonte, dalle considerazioni dell'occasione diplomatica, dalle conventicole segrete, tra inerti e delittuose non potè in realtà prescindere del tutto nessuno dei grandi moti di liberazione che dominarono e sommersero tutti questi fattori nella novità del loro atteggia­mento. E dalla intricatissima congiura estense all'altrimenti poco spiegabile lettera di Mazzini a Carlo Alberto (e poi a Pio IX) e persino al piano accettato dal terzo Napoleone d'un regno dell'Italia del nord con i Savoia e dell'unità fino all'Adriatico , tutte le novità della penisola che si tradussero in fatti furono inaspettate rispetto a questi disegni e schemi del '21, ma in realtà nessuna potè prescinderne. A questi piani accadde come all'ode del Manzoni sul marzo 1821 , distrutta materialmente, ma rimasta a cantare nell'animo dell'autore, per uscire in luce in più appropriato momento.
Quanto al Pecchio, la sua fragile salute, oltre che il suo modo superato di guardare alla cospirazione, non gli permise di sopravvivere a lungo a quei piani del 1830.
ALDO GAROSCI