Rassegna storica del Risorgimento
CANTI POPOLARI UNGHERESI
anno
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1980
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pagina
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142
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142 Roberto Ruspanti
da reggimenti ungheresi, anzi, anche a Bologna erano di stanza fino al 1839 sol* dati ungheresi. Trattavasi, però, di una conoscenza del tutto superficiale, data la rigida disciplina regnante nell'esercito asburgico e, soprattutto, dato il ruolo di oppressori delle libertà e delle popolazioni italiane che, di fatto, i soldati magiari svolgevano nel nostro paese, sia pure inconsapevolmente e, talvolta, loro malgrado, nonostante le speranze che i nostri cospiratori riponevano in loro: si pensi al tentativo di comunicare, nel 1821, usando il latino. Pertanto, in quelle pochissime occasioni in cui potevano mescolarsi alle popolazioni locali, ben difficilmente questi soldati, venuti da un paese così lontano, parlanti una lingua incomprensibile, avrebbero potuto conoscere le abitudini, il modo di vivere e di pensare degli Italiani. Di loro, infatti, si hanno pochi ricordi negli annali delle città italiane che ebbero modo di averli per ospiti, mentre, viceversa, qualche canto popolare ungherese, non di argomento politico, conserva il ricordo del loro soggiorno di servizio in Italia, sempre pregno di malinconia e di nostalgia per l'Ungheria o per la donna lontana:
Nella città di Nagy-Abony si vedono due torri, ma a Milano se ne vedon trentadue: però, vorrei veder piuttosto quelle due, che di Milano queste trentadue.2)
Talvolta questi soldati, di ritorno dall'Italia, contribuivano a dare del nostro paese un'immagine sfocata di bellezze non vissute e non sentite, cosicché il canto, che ad esso si riferisce solo indirettamente, conferma quel senso di lontananza tanto vivo in coloro che vi avevano dovuto combattere, e dà al popolo ungherese, che ne udiva cantare le bellezze, un'idea quasi mitica, tale da poter fare da sfondo anche ad una canzone che canta le aspirazioni e ì desideri di un giovane innamorato:
Colomba mia, andrei pure in ginocchio fino a Roma, sol che potessi starmene con te per un quarto d'ora.3)
Ma la ruota della storia stava per riavvicinare, soprattutto sul piano politico e come forse mai nel passato, i due popoli, l'ungherese e l'italiano. Sebbene pochi ungheresi, nella prima metà dell'Ottocento, conoscessero il pensiero dei rivoluzionari italiani, a causa della censura asburgica, che in Ungheria centuplicava gli effetti delle varie censure operanti in Italia, l'eco del pensiero e dell'attività politica di Giuseppe Mazzini cominciava pian piano a raggiungere, anche se con qualche ritardo, la terra magiara. In particolare, veniva recepito il Mazzini, che dalle colonne de La Giovine Italia invitava gli italiani a non confondere nella stessa maledizione i governi ed i popoli e che pubblicava nello stesso periodico, nel settetmbre 1832, una lettera di un ignoto ufficiale dell'esercito asburgico, in servizio a Szeged, città dell'Ungheria meridionale, in cui,
2) Sta in SÀNDOR ENDRÓDI, Magyar népdalok (Canti popolari ungheresi), Budapest, 1906, p. 123 (Traduzione personale).
3) Sta in S. ENDRÓDI, op. cit., p. 288 (Traduzione personale).