Rassegna storica del Risorgimento

CANTI POPOLARI UNGHERESI
anno <1980>   pagina <148>
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Roberto Ruspanti
dell'esercito austriaco che solleciterà il loro passaggio dalla parte piemontese e francese, in nome della comune lotta contro l'Austria e per la causa dell'indi­pendenza dell'Ungheria.
L'evolversi degli avvenimenti in Italia, con il fallimento delle diverse con­giure organizzate dai mazziniani un po' dovunque nel nostro paese, spinse, verso la fine degli anni cinquanta, Kossuth a cooperare direttamente con Cavour, da lui ritenuto una carta vincente per le aspirazioni magiare. Il suo avvicinamento allo statista piemontese e a Napoleone III porterà alla formazione di una Legione di volontari ungheresi, che si affiancherà ad italiani e francesi nella guerra del '59. Accanto a tale legione altri numerosi esuli e disertori magiari prenderanno parte alla guerra tra le file dei Cacciatori delle Alpi garibaldini e seguiranno poi Garibaldi in Sicilia.
La guerra del '59 rappresentò, oltreché una svolta storica, un salto di qualità nei rapporti fra l'emigrazione ungherese in Italia e il movimento in di­pendenti sii co italiano. Con essa si cominciò da parte ungherese, soprattutto con Kossuth, a guardare alla nascente Italia come ad uno Stato europeo, una potenza, sia pure piccola, che avrebbe potuto con ben maggiore peso politico contribuire alla soluzione del problema danubiano, e non più come ad un insieme di progetti e di ideali rivoluzionari, incarnati dagli uomini del Risorgimento, ripartiti nei due grandi rami politici, mazziniani repubblicani e liberali monarchici, cui, a seconda delle convenienze e delle circostanze, fare di volta in volta riferimento e cercarvi appoggi. Per la verità, però, dopo l'impresa dei Mille e sulla scia del grande entusiasmo da essa sollevato, una parte della classe politica ungherese in esilio continuò, negli anni successivi, a tenere distinti il governo ufficiale italiano dal movimento rivoluzionario, che aveva in Mazzini la guida ideale e in Garibaldi nonostante tutto, rimasto sempre nell'animo un repubblicano il capo militare. E proprio nel movimento rivoluzionario italiano molti degli esuli ungheresi riporranno le maggiori speranze, progettando assieme ad esso azioni militari congiunte, volte alla liberazione del Veneto e dell'Ungheria. Tutto ciò fu dovuto al clamore veramente senza pari determinato dall'impresa di Sici­lia: come ricorda Leo Valiani L'eco che segnatamente la Legione del 1859 e la partecipazione magiara alla spedizione garibaldina del '60 ebbero in Un­gheria stessa è attestata da molti documenti. Basti ricordare le manifestazioni di piazza, con frequenti scontri con le forze imperiali, che si susseguirono a Budapest e in molte altre località per tutto il 1860 .16) La stessa stampa pro­gressista ungherese, ammessa, potè farne parte in qualche modo ai propri let­tori ricorrendo all'umorismo e alla satira, invano controribattuta e confutata dalla stampa filo-austriaca, compatta nel presentare Garibaldi come un brigante o un sanguinario masnadiero. In tal senso, di notevole interesse documentari­stico anche se non si tratta di un vero canto popolare, è una poesia satirica dal titolo Chi ha dato a Garibaldi i trecentomila denari in oro?, che il giornale illustrato umoristico Bolond Miska (Michelino il pazzo) di Buda-Pest pubbli­cava, a firma della stessa redazione, nel 1860, all'indomani dello sbarco dei Mille in Sicilia. Nella poesia si ironizza sull'imbarazzo e la confusione che regna nei governi europei di fronte all'avvenimento e da essa, soprattutto, traspare la gioia ungherese di poter mettere in ridicolo i circoli reazionari austriaci:
,6> Cfr. LEO VALIANI, Riflessioni sulla storia d'Ungheria, in // Ponte, numero spe­ciale dedicato all'Ungheria, aprile-maggio 1960, p. 452.