Rassegna storica del Risorgimento
GIANNELLI PIETRO; NUNZIATURE APOSTOLICHE NAPOLI 1859-1860
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Raymond L. Cummings
ad affermare che tali eccessi tendevano al deliberato scopo di distruggere la Costituzione,97) il 23 luglio, nel consegnare una lettera del Papa, il Giannelli taceva notare a Francesco II i sospetti che i nemici della Corona disseminavano e lo spronava a mostrarsi fermo e risoluto nell'appoggiare le istituzioni che aveva adottate.98) Evidentemente il Giannelli non esitava nel suo appoggio alla Costi* tuzione, né tanto meno consigliava la reazione, ma, nello stesso tempo, considerava alcune tendenze del Governo dannose alla Santa Sede. Se il Piemonte si fosse unito alle Due Sicilie la rivoluzione avrebbe potuto essere domata, ma il partito che ne controllava i governi, il Partito moderato nazionale , pretendeva al certo senza buone ragioni, essere la Santa Sede serio ostacolo alla nazionalità ed alla libertà . Inoltre, nelle Due Sicilie, la stampa era sistematicamente ostile allo Stato pontifìcio.
Le defezioni giornaliere e la confusione che regnava nel Paese avevano ridotto Francesco II in uno stato di grande prostrazione, aggravata senza dubbio dall'insistenza dei ministri affinché la camarilla abbandonasse non solo il Palazzo, ma addirittura il Regno. Così il Re andava ripetendo al Giannelli: È troppo, è troppo.99) Il Nunzio non credeva che gli sforzi diplomatici diretti ad arrestare Garibaldi potessero avere successo, ma, anche così, non considerava disperata la situazione. Era di certo grave, ma non priva di speranza. Nel continente c'erano ancora 70.000 soldati, la maggior parte dei quali di incondizionata lealtà. Milazzo era costata più alle camicie rosse che alle truppe regie. Garibaldi non disponeva di un'armata, né poteva trasportare l'intero esercito composto di 15 mila uomini attraverso lo stretto, perché doveva pur lasciare parte delle sue forze in Sicilia. 10) Queste considerazioni e qualche rara dimostrazione di energia da parte del Governo101) davano, di quando in quando, ragione di credere che, nonostante le apparenze, nonostante tutto quanto potesse indurre a pensare il contrario, la situazione si sarebbe ancora potuta aggiustare.
H Giannelli si rendeva conto che il partito dell'annessione aveva fatto importanti passi avanti. Secondo un recente decreto, ai suoi membri era stato riconosciuto il diritto di nominare nei municipi la metà dei Corpi Decurionali. Costoro avrebbero poi potuto usare la loro influenza ai danni del Governo nelle future elezioni, ammesso che ve ne fossero state, di che poteva assai dubitarsi . Il partito dell'annessione doveva la sua popolarità all'avversione che dimostrava per la Casa regnante, ma esigeva anche una sollecita annessione al Piemonte. Il Giannelli credeva, perciò, che pochi volessero vedere il Regno delle Due Sicilie ridotto a provincia italiana. Erano numerosi infatti coloro che desi-
**> Giannelli ad Antonelli, 16 luglio, n. 8666, Ivi, i. 170; Giannelli ad Antonelli, 18 luglio, n. 8669, /tu', f. 172.
Anche Szechenyi giudicava il comportamento delle truppe regrettable sous tous les rapporta (Szechenyi a Reehberg, 16 luglio 1860, n. 11B, in Le relazioni diplomatiche cit., voL II, p, 183, n. 141).
98) ln particolare a Cosenza e nella Basilicata, i Comitati rivoluzionari cercavano di persuadere il popolo che Francesco II alla prima occasione avrebbe ritirato la costituzione (R. DE CESARE, La fine di un Regno dal 1855 al 6 settembre 1860. Città di Castello, 1895, p. 414). Vedi anche G. M. TRBVELYAN, op. cit., p. 170.
") Giannelli ad Antonelli, 24 luglio, n. 8677, À.S.V., SdS, 1860, r. 165, pacco 36, I. 72-74.
IM Giannelli ad Antonelli, 28 luglio, n. 8681, Ivi, f. 81.
101) Giannelli ad Antonelli, 9 agosto, n. 8708, Ivi, f. 121.