Rassegna storica del Risorgimento

GIANNELLI PIETRO; NUNZIATURE APOSTOLICHE NAPOLI 1859-1860
anno <1980>   pagina <175>
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La nunziatura di Napoli 1859-60 175
anche durante il tormentato periodo della fine di giugno del 1860. Una volta che il Re ebbe deciso di sottostare alle richieste francesi, il Giannelli si sforzò di guidarlo su una linea di azione moderatamente liberale, poiché a suo vedere ogni deviazione avrebbe senz'altro portato vantaggio ai nemici del regime.
Il Nunzio si tenne a tale linea di condotta con il pieno consenso del card. Antonelli anche quando aveva sempre più ragione di sospettare che i liberali stessero cedendo alla tentazione di sacrificare il Potere temporale, pur di po­tersi aggrappare ad una possibile alleanza con il Piemonte.
L'unico contatto diretto del Giannelli con l'alta diplomazia consistette nel cercare di evitare che Napoli e Torino giungessero ad accordi che potevano essere sfavorevoli agli interessi della Santa Sede.
Dal carteggio non risulta che il Nunzio abbia avuto parte in nessun com­plotto per inviare al Nord i 12.000 uomini del Pianell, né che abbia partecipato, nel marzo del 1860, alle trattative riguardanti il piano di Napoleone III inteso a sostituire le truppe francesi con quelle napoletane, a protezione del Papato. Contrariamente a quanto riferisce il Brenier, nei dispacci del Nunzio non esiste indizio alcuno di sue manovre contro la mediazione francese che, al contrario, egli giudicava di capitale importanza per la sopravvivenza del governo borbonico.
In realtà, il Giannelli giudicava presuntuoso da parte sua l'immischiarsi di politica, e perché i centri di potere di Roma, Parigi e Vienna erano in continuo contatto tra di loro e perché Pio IX e il card. Segretario di Stato comunicavano con Napoli attraverso Luigi Carafa (ministro degli Esteri fino alla fine di giugno del 1860) e De Martino, o per corrispondenza direttamente con il Re.
Solo perché aveva a cuore le relazioni fra Stato e Chiesa, il Giannelli si adoperò perché lo Scorza facesse parte del ministero Filangieri ed incoraggiò cautamente il clero a manifestare il proprio appoggio al Papa nel momento in cui egli ne aveva più bisogno. Il Giannelli era consapevole delle manchevolezze del clero e sapeva bene in qual modo la Chiesa, in Sicilia, soleva amministrare le sue ricchezze. Nonostante ciò trattava benevolmente vescovi e sacerdoti, prò* testava contro le vessazioni a cui erano esposti ed era cauto nel dar fede alle dicerie propagate contro di loro.
Lo studio del carteggio in questione ripresenta le angoscie, le inquietudini, le speranze, le delusioni degli ultimi giorni dei Borboni, così come sono passate davanti agli occhi di uno dei maggiori testimoni. Prende in esame anche, natu­ralmente, lo spirito di fazione del tempo, il rapido dilagare del desiderio di annessione, lo sbarco di Garibaldi, la marcia dei Mille, i disagi affrontati, le lotte finali intorno a Capua e Gaeta.
Sorprende la straordinaria capacità umana di volere e sapere mantenere vive le proprie illusioni da parte dei consiglieri di Francesco II: quando le truppe piemontesi avanzavano verso il Sud e attraverso i territori papali si dirìgevano alle frontiere del Napoletano, essi ancora speravano che la Sar­degna non avrebbe invaso il Regno e che avrebbe ancora potuto aderire ad un'alleanza con il Re.
L'Antonelli, al contrario, aveva sempre guardato alla situazione realistica* mente: aveva, si, sperato in aiuti dal di fuori ed aveva confidato nell'assistenza della Divina Provvidenza, ma senza contarci troppo, specie dopo il giugno del 1860. Il carteggio mette in evidenza, oltre che il rammarico dell'Antonelli, anche