Rassegna storica del Risorgimento

FERRARI GIUSEPPE; LOVETT CLARA MARIA SCRITTI
anno <1980>   pagina <289>
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A proposito di Giuseppe Ferrari
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cedere per generalizzazioni rendeva estremamente vulnerabili le sue asserzioni, che infatti si videro cadere addosso una valanga di critiche e finirono presto nel dimenticatoio.
Non si può dubitare della giustezza di una simile sorte, considerato il pe­sante determinismo che grava su queste pagine. Piuttosto è il caso di chiedersi se possa un tale determinismo coesistere con forme anche embrionali di socia­lismo. La Rota Ghibaudi cerca di salvare il nocciolo progressivo di queste tesi affermando che la fatalità meccanica, che per il Ferrari presiede il corso della storia, in ultima analisi risulta solo apparente, perché ogni periodo è diverso dal precedente e che la storia passa sempre attraverso fasi rivoluzionarie di contenuto diverso :155) a giudizio della Rota Ghibaudi la possibilità della ribel­lione e dell'utopia sarebbe ciò che permette all'uomo di conservare la propria libertà. Ma, a parte che ciò snaturerebbe radicalmente il concetto di fato, come si spiegherebbero i periodi di decadenza, che infatti Ferrari non può fare a meno di ammettere? 156> Una volta articolati i ritmi di sviluppo della storia in quattro fasi, di cui una è quella della reazione, a che può servire ciò che la Rota Ghi­baudi chiama la coscienza della situazione storica in cui gli uomini vengono a trovarsi e la capacità di reagire ad essa ?1ST)
Per di più Ferrari non sembra essere minimamente toccato dal problema che angustia la Rota Ghibaudi: il suo è l'atteggiamento del freddo analista che, dopo lunghe ricerche, ha scoperto una legge ed ora la descrive soffocando qua­lunque remora di tipo morale. Come uomo potrà avere qualche simpatia per la fase rivoluzionaria (non eccessiva, comunque) ma non fino a nascondere il favore dei popoli per le fasi risolutive, quelle che distruggono le scissioni, rientrano nella tradizione, rendono il governo popolare, girano gli ostacoli, attuano i prin­cipi! s>:158) e come membro della nobile casta dei filosofi potrà indirizzare le sue lodi alla fase preparatoria dove appaiono i rivelatori, i redentori dell'intelli­genza umana, gli uomini che hanno esercitato la più alta influenza ;159) ma certo avrebbe tradito la legge da lui stesso scoperta se si fosse pronunziato, per così dire, scientificamente in favore dell'una o dell'altra fase. Di fronte ad una legge universale è buona regola, anche per i filosofi, inchinarsi; e così con­servatori e progressisti saranno messi da Ferrari sullo stesso piano, accomunati nella stessa condanna per gli errori commessi nel contrastare lo spirito delle fasi in cui si saranno trovati ad agire;160) e ne risulterà un cupo pessimismo sul­l'effettiva capacità dell'uomo di decidere liberamente delle proprie sorti: un pessimismo che veniva da lontano, se è vero che già nel 1860 Ferrari aveva rivolto a Proudhon una domanda retorica: Oseriez-vous me soutenir, mon cher martyr, que la verta triomphe en politique? , e che, tre anni più tardi, un democratico di ben altra tempra e passionalità, Giorgio Asproni, aveva annotato su di Ini questo significativo giudizio: È un intelletto meraviglioso; ma quella tinta di fatalità e di scetticismo, che traluce ad ogni momento del suo discorso, genera sconforto .16n
155) ROTA GHIBAUDI, Ferrari, p. 314.
156) jj ammette pur dedicando loro un brevissimo spazio (FERRARI, Teoria dei periodi
politici cit., p. 234).
157) ROTA GHIBAUDI, Ferrari, pp. 319-320.
158) FEBBABI, Teoria dei periodi politici cit, p. 238.
159) M, p. 242.
160) /t,i, pp. 302-307,
i6i) Ferrari a Proudhon, 16 aprile 1861, in DELLA PERÙ rA, Lettere di Giuseppe Fer-