Rassegna storica del Risorgimento
FERRARI GIUSEPPE; LOVETT CLARA MARIA SCRITTI
anno
<
1980
>
pagina
<
292
>
292 Giuseppe Monsagrati
rizzò. Dopo la sua morte, avvenuta a Torino nel 1891, le sue carte furono poste in vendita: le acquistò Federico Patetta per includerle in quella collezione d'autografi e manoscritti che in seguito avrebbe lasciato alla Biblioteca apostolica vaticana. L'inventario e la catalogazione della Raccolta Patetta sono attualmente in corso ad opera di Giovanni Morello: mi sia consentito di ringraziarlo per aver messo a mia disposizione queste carte, trascurando gli intralci che ne potevano venire al suo lavoro.
Complessivamente nella Raccolta Patetta figurano venti autografi ferrariani: 19 lettere e la minuta di un discorso funebre per Beatrice Longhi, la figlia del suo agente elettorale Achille Longhi deceduta appena diciannovenne m* nel dare alla luce una coppia di bambini che non le sarebbero sopravvissuti. Le lettere a Gorresio sono 15 e, tranne una che è del '56, appartengono tutte agli anni 1848-'49 o al 1864; le altre hanno quattro destinatari diversi, i più noti dei quali sono Federico Bellazzi e Francesco Crispi.J72) H fatto che la corrispondenza con Gorresio presenti un vuoto così ampio, dal 1849 al 1864, fa supporre, tenuto anche conto che un'altra lettera di Ferrari allo studioso piemontese è conservata altrove,173) che le lettere inviate a Gorresio non siano finite tutte nella Raccolta Patetta.
Per quelle che qui si pubblicano c'è da premettere un'avvertenza d'ordine filologico. Chi ha confidenza con la calligrafia di Ferrari sa che non è delle più semplici: Cattaneo parlava in proposito di geroglifici ,l74J e Antonio Monti nel pubblicare il Carteggio ferrariano volle mettere le mani avanti contro eventuali contestazioni ricordando la fatica improba 115ì che gli era costata la trascrizione: non si stenta a credergli quando si faccia il conto delle parole da lui non decifrate e si rilevino le storpiature di nomi come quelli del deputato sardo Ferracciù, trasformato in Ferraccini, o quelli di esponenti notissimi della Comune quali Charles Delesclnze e Jules Bergeret, fatti diventare Rejeret e Deleschurel76) (quest'ultimo nome senza nemmeno il punto interrogativo che segue tra parentesi quello del collega). In queste quattro lettere è una la parola che ha resistito ad ogni tentativo di lettura, ma il senso del passo che la contiene si afferra benissimo. Per facilitare la comprensione del testo mi è stato comunque necessario, oltre che mettere al loro posto un buon numero di accenti, sistemare la punteggiatura ovviando alle molte dimenticanze di Ferrari.
Riproduco per primo il brano finale di una lettera che Ferrari spedisce a Gorresio da Strasburgo e che arrivò a Parigi, dove l'amico risiedeva al 71 di
171) Alla LOVETT, Giuseppe Ferrari and the Italìan Revolution cit., p. 141, risulta invece che avesse vent'anni. Sarebbe questa una delle sue pochissime sviste; ne segnalo altre due per pura pignoleria: lo scontro di Mentana posticipato di un mese e fissato al 3 dicembre 1867 (ivi, p. 174), e il a General (librario della nota 68. p. 242.
l72> La lettera a Bellazzi porta la data del 6 gennaio 1861; quella a Crispi, del 30 dicembre 1872, annunzia l'invio di un articolo da inserire sulla Riforma: vi apparve infatti, con il titolo Gli antichi Parlamenti italiani , nei numeri del 12, 14, 17, 18 e 21 gennaio 1873.
l73> È la lettera del novembre 1852, citata dalla ROTA GHJBAUDI, Ferrari, p. 246, che l'ha consultata alla Biblioteca Nazionale di Roma.
W4) Cfr. la lettera di Cattaneo a Ferrari, settembre 1851, in CATTANEO, Epistolario cit., voi. II, p. 105.
175) FEKBARI, Carteggio, p. 114.
176) Ivi, p. 131 e p. 257.