Rassegna storica del Risorgimento
GIUNTINI ALDO; ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO
anno
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1980
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pagina
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357
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Libri e periodici 357
costituiva per i cattolici dopo le pròne deludenti prove [...] il mezzo per fax sentire il proprio peso (p. 47). Belardinclli non nega che la disponibilità maggiore per accordi era verso i moderati (p. 48) e ne individua le ragioni: per la loro minore intolleranza antireligiosa, ed anche all'inizio, per l'indubbia affinità sociale dei gruppi dirigenti; ma soprattutto fu l'indebolimento politico, sempre più accentuato, anche a livello locale dal 76 in poi, che condusse molti uomini della destra a vedere nei cattolici, anche se clericali, un supporto conservatore a quella funzione di * savia amministrazione ', ritenuta loro indiscussa prerogativa (ibidem).
Secondo Belardinelli, però, a il cosiddetto clerico-moderatismo [...] è in realtà un fenomeno assai articolato che andrebbe studiato non alla luce di categorie più o meno ideologiche, ma in relazione alle concrete componenti che nei diversi luoghi confluiscono insieme a fini elettorali (e che talvolta non sono né clericali né moderate in senso proprio, cioè storico) (p. 161), senza con questo voler negare quei legami anche intensi tra finanza cattolica e finanza laica, tra produttori cattolici e produttori laici}) (p. 161), che si andavano intessendo tra la fine del XIX sec. e gli inizi del XX, soprattutto nel Veneto e in Lombardia e di cui si sono serviti gli storici della corrente neomarxista per individuare a nella allenza cleri co-mode rat a la solidarietà politica tra due schieramenti ormai compenetrati ed affini sul piano delle strutture produttive e dei rapporti sociali (p. 161).
Il suo tentativo di operare dei distinguo a proposito di clerico-moderatismo e di atteggiamenti di subordinazione cattolica ai gruppi liberali, evidenti nelle vicende amministrative di parecchie città (si veda ad esempio Vicenza, cui spesso fa riferimento lo stesso Belardinelli), non appare molto convincente, soprattutto quando egli critica le posizioni neomarxiste (si veda al riguardo quanto scrive F. FONZI, / cattolici e la società italiana dopo Vunità, Roma 19773, pp. 173-182). Lo stesso Belardinelli ricorda poi che nel 1914 gli interessi dei cattolici e dei liberali coincidevano perfettamente, se essi si unirono ancora una volta in blocchi elettorali antiprogressisti.
Dove invece si può concordare perfettamente con Belardinelli è quando egli avverte che non si può fare di tutta l'erba un fascio. Le frange cattoliche antiliberali erano però nettamente minoritarie e nettamente emarginate (basti considerare, ad esempio, i giovani democratico-cristiani). Tra i cattolici dominavano i conservatori, che poi imporranno la loro linea al Partito Popolare e l'alleanza dei cattolici col fascismo. Le premesse di tale evoluzione si riscontrano però già negli atteggiamenti elettorali amministrativi cattolici della seconda metà dell'Ottocento, che è indubbio merito di Belardinelli aver illuminalo con precisa e documentata ricerca.
GIANNI A. CISOTTO
LUICI MASCILLI MIGLIORINI, La Sinistra storica al potere. Sviluppo della democrazia e direzione detto Stato (1876-1878). Prefazione di Giuseppe Galasso; Napoli, Guida, 1979, in 8, pp. XLX-252. L. 7.500.
Il culmine anche ideale di questa pregevole ricerca, condotta su una larghissima documentazione in gran parte di prima mano, va visto nell'avvento al potere del primo Gabinetto Cairoli: giorno più, giorno meno, erano passali due anni da quando, il 18 marzo 1876, sull'Italia aveva preso a soffiare un vento che era parso dovesse portare con sé, insieme con la fine della politica delle consorterie, un processo di deciso ampliamento degli spazi di democrazia, di maggiore partecipazione popolare alla vita del paese. Cosa ne era stato di quel programma di coraggiose riforme nel passaggio dall'enunciazione teorica per bocca di Depretis alla fase di attuazione pratica? La risposta, a parere di Mascilli Migliorini, uno studioso delle ultimissime leve, allievo di Spadolini, ma già con una intensa attività alle spalle, sta tutta nel nome di Nicotera, e non tanto per l'azione sempre giù rigida che egli venne svolgendo, sul piano dei diritti civili, come ministro dell'Interno, quanto per lo stravolgimento che di quel successo, passato alla storia col nome di rivoluzione parlamentare, egli venne operando fino al punto di ottunderne il carattere genuinamente riformatore nell'accettazione di quelle proposte di trasformazione dei partiti storici che, partendo dai deputati toscani, miravano in sostanza a ridurre ogni sforzo innovatore ad una questione di buona amministrazione e di corretta gestione finanziaria. Tutta la dialettica politica in