Rassegna storica del Risorgimento

GIUNTINI ALDO; ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO
anno <1980>   pagina <368>
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368 Libri e periodici
difesa, nel dispregio di ogni diritto dell'accusato, con predeterminazione della sentenza. Valga per tutte queste tragiche pagine la vicenda della fucilazione del caporal maggiore degli alpini Amerigo Rizzardini, mandato dal suo comando con un breve permesso in fondo valle, insieme ai volontari della sua pattuglia, in premio di una rischiosa missione portata a termine in linea (pp. 241-245).
Il saggio di Glauco Sanga sulle Lettere di soldati e formazione dell'italiano popolare tocca un aspetto importante della vita del soldato in trincea, e costretto a scrivere , se voleva mantenere il contatto con la famiglia (che a casa aveva sempre qualcuno a cui rivol­gersi) e per di più a scrivere in a italiano , sia perché la censura militare non avrebbe compreso il dialetto e non avrebbe inoltrato lo scritto, mentre per la grande massa dei soldati era il solo mezzo di comunicazione completo ed efficace, solo che avesse saputo anche scriverlo. Ne nacque una koiné italiana, come scrive Fautore, un italiano unitario? L'esperienza direttamente fatta con i soldati della seconda guerra mondiale, dopo altri trenta anni di alfabetizzazione forzata, mi condurrebbe a conclusioni meno ottimistiche. Perdurava una incapacità di comunicazione specie quando dalle notizie della vita quotidiana si passava ai tentativi di descrivere i propri sentimenti e le proprie reazioni.
H bilancio storiografico di Maurizio Pieretti è orientato dalla tesi della guerra come sbocco quasi naturale ed inevitabile di un sistema economico-sociale imperniato sulla gara imperialistica fra le grandi potenze per la spartizione del mondo (p. 11). La partecipa­zione italiana, dopo la spedizione in Libia, è <c la seconda, compiuta manifestazione del­l'imperialismo italiano (pp. 16-17). Anche la ce cospicua componente democratica, che concepì la guerra in termini di completamento dell'unità nazionale, di lotta contro l'auto­crazia degli imperi centrali , fu comunque subalterna rispetto alla ce logica imperialistica, che animava i settori decisivi dello schieramento interventista, condannandosi, così, a svolgere un'azione velleitaria, fino a divenirne uno strumento più o meno consapevole (p. 17). Una semplificazione eccessiva, che lo stesso Fontana nel suo saggio ritiene ce non esente da forzatura quando svaluta il tema nazionale come mero prodotto della manipola­zione ideologica delle classi dominanti (p. 42) e che, quindi, nuoce a una corretta inter­pretazione della politica interventista così come nuoce la riduzione al comune denominatore dell'oc imperialismo , un vocabolo che sta sempre più perdendo una sua precisa connota­zione e che, perciò, non aiuta la comprensione dei problemi storici, così come in passato il mito socialnazionalistico della ce Grande proletaria . Più convincente il Pieretti quando afferma che la partecipazione alla guerra di grandi masse popolari ce mise in moto un pro­cesso profondamente unificatore, mobilitando le energie più svariate e mettendo a contatto e confronto culture fra loro assai diverse e lontane che vissero lo stesso dramma ed al quale si rapportavano in maniera assai diversa (p. 13). II successo dei due partiti di massa nel dopoguerra, quello popolare e il socialista, ne è la riprova; ma non se ne può ricavare senz'altro, a posteriori, la ce sostanziale estraneità [delle masse popolari] a tutto il complesso di interessi, di motivazioni ideali, di rivestimenti ideologici (p. 21) dell'interventismo italiano, che, almeno in certi momenti riuscì ad avere un più largo ascolto di quello pre­stato dalla borghesia. Cosi come mi sembra non corretto concludere generalizzando che eia frattura che divideva i soldati, fossero di estrazione contadina o urbana, dalla massa di ufficiali fu ancora più profonda di quella che separava il fronte dal Paese (p. 27). Più circospetto si dimostra quando afferma che è ce certamente complesso ed arduo espri­mere valutazioni precise e rigorose su una massa così ingente di uomini, quale quella chia­mata in più riprese alle armi, che aveva per lo più in comune solo il fatto di essere coman­data a combattere la stessa guerra nel medesimo esercito (p. 21).
Con maggiore precisione Fontana avverte, a proposito dell'epistolario di guerra, che una lettura di esso a assoggettata al filtro di quelle ideologie [giacobino-liberale e giacobino-rivoluzionaria] non è in grado di rilevare lo spessore sociale e civile, la consistenza etica, la consapevolezza storico-sociale del fronte contadino (p. 10). Così più convincenti sono le sue considerazioni sulla capacità del fante contadino di conciliare il senso del suo dovere dì soldato con una gelosa dedizione alle realtà domestiche del lavoro e della famiglia, il sentimento della patria comune con la pietà per il nemico e per lo stesso disertore, l'accettazione del dolore con l'umanissima dolente protesta per la sua intollerabilità (p. 6). Si deve concludere a favore di un umanesimo del soldato contadino di contro a un mani-