Rassegna storica del Risorgimento

ESULI ITALIANI CANTON TICINO 1791-1847; MARTINOLA GIUSEPPE OPER
anno <1980>   pagina <389>
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Gli esuli italiani nel Canton Ticino 389
in Canton Ticino, che merita di essere esaminato da vicino. È quel che ha fatto, che ha esemplarmente fatto, nel suo volume, Giuseppe Mattinola. Nessuno più qualificato di lui, a quel compito. La sua indagine, attenta, precisa, dettagliata, non si diffonde in divagazioni, non obbedisce a clichés preordinati; costituisce una testimonianza sentita e vissuta, animata da una viva e spontanea partecipa­zione interiore; fornisce un prezioso strumento per approfondire la conoscenza di un terreno finora pressoché inesplorato.
Non è d'altronde, questa sua, che la prima tappa di un lungo cammino, che dovrebbe investire l'intero periodo risorgimentale: riguarda gli anni fra le due grandi rivoluzioni europee del Settecento e dell'Ottocento, gli anni dal 1791 al 1847, dall'indomani del 1789 alla vigilia del 1848. Ma è col 1815, con la Restaura­zione, che il problema dell'esilio si pone nei nuovi termini politici e morali che caratterizzano il Risorgimento: l'esilio come istituzione, secondo la battuta famosa che fa del Foscolo l'iniziatore del nuovo corso, del nuovo spirito che dà all'esilio un contenuto, un'impronta interiore che prima non aveva. Gli anni precedenti il 1815 non costituiscono che una introduzione, una premessa, un prologo, una evoluzione che si va delineando ancora confusamente, nel susse­guirsi dei regimi, nell'aiternarsi dei motivi. Il panorama degli esuli varia col va­riar degli eventi; le ondate che di volta in volta si succedono, col Direttorio, con l'Impero, con la Restaurazione non hanno fra loro un denominatore comune, costituiscono un insieme eterogeneo, che non riesce ad acquistare un volto, una fisionomia. L'istituzione dell'esilio, nel senso che ci interessa in questa sede, come testimonianza storica del moto risorgimentale, prende forma e figura col delinearsi e l'evolversi del moto nazionale e liberale, con le congiure, le insur­rezioni, le repressioni: la Carboneria, la Giovine Italia, i moti costituzionali del '20 e del '21, gli echi della scossa europea del '30, l'avvento di Pio IX, i prodromi della grande crisi del '48...
Lugano, il Ticino sono il naturale sbocco del flusso, del crescente flusso degli esuli, offrono la possibilità più immediata, più a portata di mano, di met­tersi al sicuro per chi dimora nelle terre confinanti: piemontesi, che affluiscono in numero crescente dopo il '21 lombardi, un folto gruppo di bresciani. La Svizzera è d'altronde il punto di passaggio più o meno obbligato, per ra­gioni geografiche, per ragioni di opportunità e di sicurezza, per chi prende la via di un esilio più lontano, la Francia o l'Inghilterra. Per ricordare il nome più illustre, Foscolo, ancora nel 1815, nell'aprile del 1815. Ci descrive, il Marti-noia la sua avventurosa fuga, quando infilata la Corsia dei Servi, si dirige verso Porta Comasina, per uscir da Milano, diretto a Lugano , mentre la polizia fruga la sua casa. Ma non vi doveva restare che pochi giorni, a Lugano, il tempo di stendere il preambolo dei suoi discorsi, datato, appunto, sulle rive del Le~ mano . Non si sente sicuro, a pochi passi dalla frontiera, e peregrina inquieto, da Bellinzona a Coirà, a Zurigo, per proseguire, infine, qualche mese dopo, per Londra. Punto di passaggio, Lugano; e attraente, accogliente risorsa nei momenti di tensione, tentante oasi di distensione, agevole via di evasione dalla prigione lombarda. Come avvenne, quindici anni dopo, con Cristina di Belgioioso, ap­parsa ce la descrive il Martinola come una luminosa meteora nel cielo luganese . Cercava, a Lugano, pace, riposo, il conforto di amici che le eran cari e che sentiva vicini. Ma della pace, del riposo non potè godere a lungo: fu costretta, dagli ammonimenti, dalle minacce che venivan da Milano, a prender la via del ritorno.
Non è che un momento di sosta, per alcuni, Lugano, di più o meno prolun­gata sosta. Ma v'è chi resta, talora, per la vita intera. Ricorda, Martinola, l'awo-