Rassegna storica del Risorgimento

ESULI ITALIANI CANTON TICINO 1791-1847; MARTINOLA GIUSEPPE OPER
anno <1980>   pagina <391>
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Gli esuli italiani nel Canton Ticino
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pur sempre l'occhio sul Ticino, in cui vedeva una possibile base per gli auspicati moti in Lombardia, un possibile punto d'appoggio per la progettata spedizione in Savoia; nel giugno del '33 venne di persona a Lugano, per muovere, diceva, le acque stagnanti; ma anche qui, senza gran risultati. La discussione, molto ani­mata dicono i testimoni durò tutta una notte; ma le cose restarono come prima.
E le autorità, le autorità federali e cantonali? La linea di condotta, il con­tegno delle autorità federali e cantonali verso questi ospiti non sempre graditi? Certo, l'evoluzione politica e istituzionale dal '15 al '48 costituisce, necessaria­mente, un condizionamento. Il '15 aveva impresso, sulle strutture, sull'indirizzo politico della Svizzera, la sua impronta conservatrice. Dopo il *30, la situazione cambia. Ma rimane, pur sempre, una certa continuità. Le autorità federali e can­tonali, in quei quindici anni, non devono soltanto mantenere una linea determi­nata, devono tener conto delle crescenti, spesso minacciose, precisioni dal di fuori, da Vienna, da Parigi, talora anche da Torino. Vienna, in primo luogo. Nel '22, quando il clima politico comincia a cambiare, lo Strassoldo, governatore di Milano, manda a Berna un suo inviato con la lista dei profughi lombardi, e una formale richiesta di estradizione. Il governo federale, non potendo opporre riserve di principio, avanza obbiezioni e distinzioni; e finisce, nonostante un voto della Dieta, con l'eludere le sue pressanti richieste. E altrettanto avviene nel Ticino, col governo cantonale. Per varie ragioni. Desiderio, certo, di salva­guardare la propria indipendenza, di non sottostare a intimazioni che vengon dal di fuori; rivendicazione del diritto di esser padroni in casa propria. Ma si viene ad aggiungere, via via, con l'evoluzione dei tempi, un'intima adesione, una sostanziale solidarietà, nella lotta per la libertà. Naturalmente, vi sono le eccezioni: come, nel Ticino, il land amano Gian Battista Quadri, antico bonapar­tista, convertito al credo conservatore, ostile al sovversivismo degli esuli. E vi sono le situazioni d'emergenza, le considerazioni di opportunità, le esigenze della tutela dell'ordine. Ma la regola è quella: la regola di una legge che va al di là della legge formale, la legge dell'ospitalità.
Il mio compito si limita, qui, ad una semplice presentazione: segnare le linee salienti di un quadro vivo, vario, complesso, e, soprattutto, consistente, concreto, ricco di spunti suggestivi. Un bilancio, d'altronde, un effettivo, inte­grale bilancio sarebbe stato prematuro, non essendo l'opera ancora compiuta. Tanto più viva l'attesa per il volume o i volumi che seguiranno.
Non mi resta, a conclusione di questi miei brevi cenni, che adempiere a un gradito dovere: congratularmi, come storico e come italiano, con il Comitato promotore, per averci dato la possibilità di andare più a fondo, nell'indagine di un capitolo di storia del nostro Risorgimento, che è stato ancora adeguata­mente indagato, e valutato nella molteplicità dei suoi aspetti.
FRANCO VALSECCHI