Rassegna storica del Risorgimento

STORIOGRAFIA MILITARE
anno <1980>   pagina <404>
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404 1* Gianfranco E. De Paoli
nando gli europei a sanguinose guerre per la Francia. Questi erano gli ideali dei giovani della borghesia italiana.
Il popolo nel suo insieme era, tuttavia, in Italia peggio che in Francia, incon­sapevole dei propri diritti e doveri sociali e nazionali. Tramontate le illusioni giacobine di una palingenesi totale, secondo gli ideali di Rousseau, solo una stretta élite contava, infiammata da desideri di gloria e di onori: nel nome di una patria che non era ancora costituita, la Francia, madre e matrigna, era con-siderata l'unico baluardo per impedire agli Austriaci di tornare a far da pa­droni, l'unico strumento per spingere al cimento gli Italiani.
Quasi 25.000 solo nel Regno italico su un totale di meno di 8 milioni di abitanti, erano morti nelle varie campagne napoleoniche.4) Forse altrettanto alto, non si sa esattamente se più o meno, era stato il numero dei caduti per mano francese dal '96 in poi: tra ribelli, ostaggi, coscritti refrattari ai bandi, bri­ganti erano stati in molti a morire, ma non contavano. Cosi va la storia.
Intanto il Regno italico aveva inalberato con orgoglio le proprie insegne su propri confini (politici ed economisti come Melzi, Dandolo, Prina, Marescalchi ne erano stati mallevadori), riunendo per la prima volta da epoche remote Ita­liani di diverse regioni. Non importava gran che, agli ufficiali italici, se la gloria militare era raggiunta a spese di disgraziate popolazioni del Tirolo, della Spagna o della Russia: quello che valeva era l'ordine del Capo, il cui carisma era indi­struttibile.
Non si può dimenticare che c'era anche un'Italia napoleonica diversa , quella delle campagne desolate, degli armenti dispersi, della gente disperata, che Riccardo Bacchelli ha descritto in pagine memorabili. Ma i Fabrizio del Dongo ed i Carlino Alto viti, la vincevano sui Lazzaro Scacerni.
L'esercito italiano era un potente amalgama patriottico, forse l'unico che contava a quei tempi. Stendhal notò che aveva riunito le citoyen de Reggio, le bon busacon de Milan, le sombre Novarrais et le gai Venitien creando une langue nouvelle ed eliminando la haine de ville à ville .
Pierre Jourda, dal cui scritto son tratti i precedenti riferimenti allo scrit­tore Henry Beyle (che opportunamente dovrebbe essere appaiato al Nievo), scrisse che: l'armée aura été un des moyens de forger l'unite italienne .6)
Benedetto Croce, nel volume I della sua Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, dal canto suo scrisse che, accanto alle storie celebri del Cuoco, Lomonaco, Foscolo, Colletta, Botta, bisognava congiungere le molte scritture che commemorano la parte presa dagl'Italiani nelle guerre europee: prova di risorta coscienza ed orgoglio militari .7) Proprio dalle preziose, seppur scarne informazioni del grande storico e filosofo italiano, noi prenderemo le mosse.
4) C. ZACIII, Napoleone e l'Italia, in Studi napoleonici - Atti del I e II Congresso internazionale di studi napoleonici, Firenze, Olschki, 1969, p. 265.
5) R. SALVADOR!, Le insorgenze contadine in Val padana nel periodo napoleonico (1800-1814), Mantova, 1972; R. RUGGIERO, Briganti nel Piemonte napoleonico, Torino, Le bouquiniste, 1968 e La rivolta dei contadini piemontesi, Torino, Piemonte in bancarella, 1974. Per un'antologia degli scritti rivoluzionari e controrivoluzionari: C. CAPRA, L'età rivoluzionaria e napoleonica in Italia (1796-1815), Torino, Loescher, 1978.
*) P. JOURDA, L'Italie napoléonienne vue par Stendhal, in Studi napoleonici cit., p. 361.
7) B. CROCE, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, Bari, Laterza, 1964, voi. I, p. 98.