Rassegna storica del Risorgimento

GABUSSI GIUSEPPE SCRITTI; STAMPA CLANDESTINA TOSCANA 1847
anno <1980>   pagina <423>
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Un opuscolo di G. Gabussi
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parola, senza altro dovere nel principe che di 'recte facere*; altro diritto nei popoli che di ' incompletamente reclamare ': proporre, dissi, ordinamenti siffatti, è non meno inconsiderato che riprovevole consiglio.
Imperocché negandosi al popolo quei diritti che ornai ha imparato appar­tenergli; predicando con adulatrici espressioni la inviolabilità di prerogative dalla ragione, dai lumi, dagli esempi di altri popoli oggi condanate; abbandonando le instituzioni, per quanto savie e ragionevoli sieno, all'arbitrio sempre infermo, spesso capriccioso di un uomo, non si provvede alla felicità del popolo, non si assicura la stabilità di quelle, non si garantisce lo Stato da probabilissime crisi e perturbazioni, né altro si fa che favorire e facilitare ciò che le sovranità più desiderano, l'illimitato potere, costituendo, all'ombra d'insti razioni vacillanti, un vero ' dispotismo larvato Tale è nel fondo l'ordinamento che l'Avvocato Vincenzo Salvagnoli propone per la Toscana nel suo ingegnoso - Discorso ', al quale aggiungo la presente annotazione, acciò da questo semplice cenno, altri ne tragga argomento a più larghi e maturi riflessi.
Né poco dolore e in un lieve sorpresa recava agli estimatori dei talenti del­l'autore il pensiero tutto ' municipale ', tutto * toscano ', onde s'informa il di lui scritto, quasi Toscana avesse a riguardarsi come una nazione separata dalla ita­liana famiglia, né destinata dalla natura, dalla forza degli eventi, dall'impulso del secolo, dal di lei interesse stesso a divenire un giorno membro e parte di un gran tutto! I . XII e XIV del 'Discorso' son rivolti a proclamare forme tutte ' Toscane ': Toscano, non Italiano è il pensiero dell'autore: e guai per l'avvenire di questa Patria diletta, guai se dovunque un tale sentimento prevalesse, re­gnasse! ... Lo spirito municipale non affatto estirpato dalle troppo brevi riunioni all'Impero o all'Italico regno, riviverebbe: infecondi riuscirebbero gli ammae­stramenti dell'esperienza che ne fece gustare i frutti che raccolgonsi dal costituire Stati vasti e potenti: il principio proclamato in Toscana autorizzerebbe Modena, Parma, Napoli ad un ordinamento tutto modenese, tutto parmigiano, tutto napo­letano, e via dicendo. E felici noi che sieno oggidì tanto ristrette da quel che furono le partizioni italiane, che avremmo, se ciò non fosse, governo ed ordina­mento tutto Massese, tutto Senese, tutto Aretino, tutto Bolognese, tutto Urbinate, tutto Veronese ec. ec, tanti municipi insomma, tanti pensieri quanti fossero gli Stati in che si trovasse divisa l'Italia; conseguentemente tanti urti d'interessi e di passioni quanti bastassero a rinnovare le gare e gli scandali dei tempi di mezzo, mantenuti e diretti dalla interferenza e dalla protezione dell'Aquila a doppia testa che resterebbe piaga nostra inesauribile, eterna! Ma ciò non è, e speriamo non sarà, Viva Dio! e non per merito delle dottrine del Salvagnoli, ma, in parte, per le meno infelici condizioni nostre presenti, in parte per sentimento nazio­nale che per ostacoli non indietreggia!
Né io avrei richiesto che, nell'accennare le riforme di che la Toscana ha bisogno onde raffazzonare la macchina scomposta del suo governo, avesse l'autore chiarissimo oltrepassato i confini di cotesto Stato: ma non eragli vietato di ado­perarsi di tal maniera da far presentire la necessità di reggimento più conforme ai tempi, ai bisogni, ai desiderj dei Toscani, determinando e gli oggetti su cui dovean cadere le riforme, e le garanzie necessarie ai popoli onde le instituzioni non potessero divenire illusorie, lasciando in pari tempo aperta la via allo svi­luppo di quel sentimento eminentemente italiano che accenna di disconoscere. E questo era tanto far mostra di vero coraggio civile, quanto lo esprimersi siccome ha fatto palesa l'animo di chi preferisce i favori del principe ai suffragi della nazione italiana. Né il popolo Toscano stesso che si nutre di ben altre e più