Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno
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1980
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pagina
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452
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452 Libri e periodici
tempi . 3> Ma in fatto di bizzarrìa la coltura italiana dell 'Ottocento poteva offrire altri contributi, magari ben più illustri e celebrati, come nel caso di Giuseppe Ferrari, un altro studioso assillato dall'ansia di applicare alle scienze morali i metodi delle scienze fisiche. se Ferrari, profeta dell'irreligione, può essere etichettato come il Filopanti degli atei, Filopanti a sua volta può essere considerato come il Ferrari dei poveri, non tanto per una sua inferiorità culturale che sarebbe tutta da provare, quanto per quell'istintivo e sinceris-simo trasporto che ebbe verso gli umili, al cui servizio si pose sempre la sua scienza nel tentativo di alleviarne le sofferenze e nella speranza di soddisfarne i bisogni. Di questo particolare rapporto con la società si sostanziò il suo modo tutto personale di far politica, con un intersecarsi di motivi religiosi, civili e umanitari che sfociarono in un socialismo in cui c'era tutto tranne che l'essenza del socialismo, la lotta di classe, un'eresia per uno che come lui faceva di ogni discorso, lezione o atto pubblico di qualunque altra natura un'occasione per lanciare appelli alla fratellanza ed all'amore universale. È appunto questo il Filopanti, e non quello da burletta della tradizione, a cui ha voluto guardare il Comune di Budrio, che gli dette i natali, nell'organizzare una serie di conferenze in occasione dell'80 anniversario della sua morte. A distanza di oltre cinque anni i testi di quelle conferenze vedono ora la luce in questo agile volumetto che ci fornisce un quadro parzialmente soddisfa-cente del personaggio in esame.
Opera di quattro diversi studiosi, questi saggi si presentano alquanto disuguali per valore; e se Alberto Preti, indagando Gli anni di formazione., le prime esperienze politiche, la Repubblica Romana, colloca Filopanti nella vita del suo tempo, che intende soprattutto come vita economica, e ne individua con precisione le matrici culturali ed ideologiche (ma ho l'impressione che pretenda un po' troppo quando gli rimprovera di ignorare, nel suo insistere sulla necessità di un incremento della produzione industriale, nientemeno che v il meccanismo e gli effetti dell'accumulazione capitalistica sul rapporto tra prezzi e salari ), *) Fiorenza Tarozzi (Quirico Filopanti e la Società Operaia di Bologna, 1860-1872) ce lo mostra alle prese con i problemi dell'Italia postunitaria, in bilico a lungo tra Mazzini e Garibaldi ma più, portato ad identificarsi con le confusioni dottrinali del secondo che non con il rigoroso repubblicanesimo del primo. Sul periodo compreso tra il 1870 e il 1894, anno della morte, si sofferma invece Mima Boncina (Quirico Filopanti nella vita politica italiana post-unitaria) alla quale tuttavia, all'interno di una ricerca che pure è discreta, sfuggono espressioni come a il governo, in fondo borghese, della Sinistra (p. 107) o quella rovinosa caduta di p. 114 che, riferita com'è all'ultimo ministero Depretis, può essere anche vera nel senso che nulla è più rovinoso della morte. Conclude Fedora Servetti Donati (Filopanti e Carducci: la loro amicizia e i loro rapporti con Budrio) dandoci una vivace ricostruzione del rapporto di stima e di rispetto che legò il poeta toscano all'uomo che non esitò a definire pubblicamente ce un'orgia intellettuale l'Inno a Satana.
Tutti basati sul ricco materiale d'archivio conservato nei fondi Filopanti della Biblioteca Comunale e del Museo del Risorgimento di Bologna e sui documenti dell'Archivio di Stato del capoluogo emiliano, questi quattro saggi hanno però alcuni consistenti limiti: intanto è trascurato completamente il periodo dell'esilio che, tra il '49 ed il '59, vide Filopanti prima a New York e poi a Londra; un altro elemento di interesse venuto a mancare poteva essere costituito da una analisi non superficiale del pensiero del Budriese tramite la rilettura di opere come il Dio liberale o la Bibbia sociale. Quanto alle fonti, la scelta di quelle inedite, qui limitata a Bologna, poteva essere ampliata in direzione di altri archivi, considerate le relazioni che Filopanti ebbe con gli esponenti della democrazia e della cultura italiane: cosi come, per quelle edite, non sarebbe stato inutile ricorrere almeno alle principali (Mazzini, Cattaneo, Garibaldi, Saffi, Asproni, eco,) in cerca di qualche spunto interpretativo o per meglio definire i caratteri d'una azione politica che rischia, così com'è presentata, dì risolversi in se stessa. Un difetto, questo, al quale si sottrae in parte il saggio della Servetti Donati nella misura in cui riesce a storicizzare più compiutamente il tema trattato. E forse non è una coincidenza che la Servetti Donati sia la sola a ricordare fugge-
3> GIOVANNI SCHIAVO, Four Centurie* of Italian-American Hisiory, New York, The Vigo Press, 1955 (3" ed.), p. 297. 4> p. 19.