Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1980>   pagina <455>
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Libri e periodici 455
scrive il 1 aprile: ed ancora nella citata lettera del 27 giugno, che pur tratta del primo incontro con ramata a Colledimacine, in provincia di Chieti, non si trattiene dal disser­tare intorno alla virtù, che ce è sempre la stessa nella miseria e nella felicità, e la sua me­moria conforta sempre e così via).
Non meraviglia dunque che il 20 novembre questo singolare innamorato, dopo aver ribadito che il nostro amore ci è stato ispirato dalla virtù , si trattenga a disquisire intorno alla ce forza attrattiva del concetto luminoso dell'ottima Felicetta, meditando ni merito a ce quali accidenti siano venuti ad intrecciarsi con la tela della nostra amicizia .
La lode è del resto il supremo premio che Silvio si senta di elargire, dall'alto della sua cattedra, alla donna amata, non senza darle qualche buona tirata d'orecchi allorché i suoi ingenui trasporti religiosi minacciano di scantonare (ce Io non mi sono mai potuto persuadere le scrive il 15 gennaio 1855 che Dio si dia più ad un'anima quando l'ardore della medesima per lui giunge a turbare le leggi che egli ha prestabilito ne* due domini propri della sua essenza, la verità ed il bene ).
E quando nell'estate 1855 si comincia a parlar d'esiliare gli ergastolani, egli presenta quest'eventualità, ben al di là dell'unione con Felicetta, che avrebbe dovuto rappresentarne l'alfa e l'omega, in termini impeccabili da controversia scolastica (e Io ho voluto lunga­mente innanzi scrive il 24 agosto discutere dentro di me i sentimenti con cui io sarei per accoglierne l'effettuazione e sono rimasto lunga pezza titubante e combattuto da contrari movimenti ).
Se egli sogna di vivere con Felicetta ce una vita modesta e ritirata e addirittura di sentirsi felice con lei, Bertrando ed il vecchio padre sono inseparabili da sogni siffatti (15 novembre 1855) anche se a questo periodo, e precisamente al 31 dicembre, appartiene l*unica e bella, umanissima confessione d'impotenza amorosa, per cosi dire, che si rinvenga in tutto l'epistolario (ce Io ho coltivato finora purtroppo la mente, e l'ho esercitata alle più alte astrazioni. Ora non sono che un'ombra di quello che fui ma me ne resta sempre qualche poco, se non altro l'abitudine di astrarre ogni sentimento, ogni immagine, ogni idea che concepisco. quest'abitudine è ancora contraria a dire tutto quello che mi passa nell'anima, perché gli affetti del cuore e le immagini delicate e vive dell'immaginazione che nascono dagli affetti non sopportano il martello operoso dell'intelligenza, al pallido lume della riflessione si raffreddano e si scolorano... Noi ci diciamo scambievolmente il bene che ci vogliamo nel modo che sappiamo fare... Io darei tutti i miei concetti per un punto di questa tua semplicità ed affetluosissima maniera di parlarmi ).
Insuperabilmente legato al costume patriarcale e conformistico del Mezzogiorno più tradizionalista, come in gran parte lo sarà anche il famoso nipote (ce Le tue azioni sono in condizione meno libera delle mie solo perché tu sei donna 12 gennaio 1856), ben capace psicologicamente di leggere a fondo nell'animo femminile (a Non vuoi curarti dell'avve­nire, non vuoi pensarci per affliggertene e speri, poiché il presente ci è cosi avverso, che l'avvenire almeno ci sia felice 10 febbraio 1856) ma altrettanto incapace di fare a meno dello svolazzo predicatorio ( Tu senti seriamente e profondamente perché senti moral­mente ibidem) malgrado i sogni, l'urgere della vita affettiva che pur lo richiama sulla terra dall'alto delle categorie e delle concettualizzazioni (si veda il sogno narrato così schiet­tamente ed alla buona nella lettera 25 marzo 1856), Silvio Spaventa consacra ed ammazza ad un tempo quest'amore una volta per sempre nella fondamentale lettera 24 maggio 1853, allorché pronunzia, si, le fatali parole ( Noi siamo marito e moglie... Questo è un nodo spiritualmente già stretto: c'è bisogno forse del prete che lo santifichi? ), ma dopo essersi compiaciuto di ricordare ch'era stata Felicetta, tanti anni addietro, a dichiararsi per prima (ce Finalmente pronunziasti quasi tra i denti : io ti amo ) e prima di compiacersi, ancor più egocentricamente, se possibile, della tirannia incondizionata ch'egli esercita ormai sulla donna innamorata (<c U compimento di te stessa, il raddoppiamento del tuo spirito in un altro spirito è in me. L'infinità del cielo in questa vita finita è l'immedesimazione perfetta di tutta te stessa in me... Noi siamo un essere: tu non hai più in effetto individualità
propria ).
Il filosofo, s'intende, si guarda bene dall'affermare di non averla più nemmeno lui: ed a questo punto, lo ripetiamo, l'amore è ammazzato, ancor prima della stilettata che gli viene inferta, prima di una lunghissima serie, il 21 dicembre (ce Tu vorresti venire con me sino all'estrema America! E pensi di non avere la forza di vivere più se io partissi senza