Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1980>   pagina <459>
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Libri e periodici 459
Tale carattere esce confermato e ulteriormente sottolineato da questo terzo volume del Diario (che, a cura di Carlino Sole, vede tempestivamente la luce a cinque anni dalla pubblicazione del primo e a tre dal secondo). Anzi, ora che il paese ha raggiunto l'Unità e si trova ad affrontare i gravissimi problemi dell'assestamento interno ed internazionale, il distacco di Asproni dalle grandi centrali operative, quella governativa e quella dell'oppo­sizione costituzionale, in qualche modo ai accentua, ed il democratico sardo finisce per trovarsi in una posizione che ricorda quella di un Cattaneo. L'attività giornalistica è il solo modo che gli resta per intervenire su problemi che suscitano in lui, a giudicare almeno dai brevi sunti che dà dei suoi articoli, non tanto la meditata riflessione che è alle base di quel paziente lavorio di cui è fatta la politica e che è la premessa ad ogni tentativo di soluzione, quanto la reazione emotiva di chi il più delle volte non sa andare oltre l'invet­tiva e la semplicistica indicazione di veri o presunti colpevoli. Se acquistano in rapidità e concisione, le sue annotazioni stanno a significare anche visivamente, nella loro brevità, come il ruolo di Asproni sia sempre meno quello di un protagonista; e allora il cronista di costume, quello cioè che registra curiosità ed abitudini, pettegolezzi, rampogne, critiche e sfoghi, prende il sopravvento sul personaggio impegnato direttamente sulla scena poli­tica.
Ecco perché con questo terzo volume del Diario di Asproni si fa più sensibile che in precedenza la questione della sua affidabilità come fonte storica. Quella Sinistra che prima dell'Unità si può dire operasse in una direzione molto chiara e netta, ora si sta spaccando in tre o quattro tronconi, si avvia a rompere ogni legame con i repubblicani ed entra nella polemica nazionale anche pesantemente, prestandosi magari a strumentalizzazioni ed a giochi delle parti che richiedono una certa dose di elasticità. Asproni, almeno in questo campo, è uomo tutto d'un pezzo, e presto o tardi finisce per trovarsi a disagio con tutti: Crispi, Mordini, De Boni, Nicotera, e lo stesso Giuseppe Ferrari, lo nauseano con la stessa rapidità con cui prima lo hanno affascinato; a questo punto la reazione istintiva di Asproni, quasi un riflesso condizionato, è quella di chiudersi ancor più nel proprio particolare, con la conseguenza di autoescludersi dalla vita di uno schieramento politico basilare come la Sinistra proprio nel momento in cui esso sta maturando un fondamentale processo d'evolu­zione. Per cui le notizie che sull'argomento qui ci vengono fornite sono per lo più di seconda o di terza mano, voci che arrivano all'orecchio di Asproni per vie di cui non è facile accer­tare l'attendibilità.
Ben più sicuri perché basati su una conoscenza diretta sono invece quei passi del Diario che documentano i rapporti del Sardo con i repubblicani, gli uomini che hanno saputo fare del suo stesso ideale il tema di una lotta politica senza posa. Al piemonte-sismo imperante in tutti i settori della vita della nuova Italia e che appare come il vero leit-motiv di questo volume che copre gli anni tra il 1861 e il 1863, una sola risposta è, a suo modo di vedere, possibile: l'unità tra sinistra garibaldina e mazziniana; ed è questo il compito a cui Asproni si vota, di modo che i vari colloqui con Garibaldi, con Mazzini, con Cattaneo, con Quadrio e Campanella costituiscono indubbiamente la parte più interes­sante e più nuova di questa sezione. Ma proprio su questo terreno gli ideali di fratellanza di Asproni incontrano le maggiori delusioni, perché quelle invidie e quelle gelosie che nella sua analisi dovrebbero spiegare le profonde crepe che dividono la Sinistra sono solo l'aspetto più appariscente di una diversità di orientamento politico sul problema isti­tuzionale. E il suo insistito richiamo alla solidarietà degli oppressi che per lunga parte del volume si esprime in un progetto di unione tra sardi e siciliani sarà senza dubbio det­tato da un bello slancio del cuore ma sorprende per la sua ingenuità proprio perché viene da uno che da anni testimonia le lacerazioni e le polemiche in cui si dibattono gli ele­menti politicamente più rappresentativi di entrambe le isole.
Quindi se apprezzeremo ciò che Asproni ci dice sui Comitali di provvedimento e sulla sua fermezza nel resistere ai tentativi messi in atto da Bellazzi per limitare l'autonomia del Comitato palermitano, se valuteremo positivamente la sensibilità con cui sa percepire sin dall'inìzio del 1861 la presenza di dense nubi nel cielo della Sicilia, se infine faremo tesoro delle notizie su Ferrari o su Crispi o sul Congresso operaio di Parma, terremo anche presenti quella sua cecità che non gli permette di cogliere l'essenza rivoluzionaria della politica cavouriana, e quell'incertezza nel giudizio sul brigantaggio che, inizialmente consi­derato alla stregua d'un fenomeno reazionario, presto diventa rivoluzione, per poi tornare