Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno
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1980
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pagina
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469
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Libri e periodici [ 469
eoa Gaetano Salvemini, pupillo ed amico da remotissima data. La polemica, nata per le assai diverso posizioni assunte con i primi sintomi della conflagrazione mondiale, si acuisce negli anni del conflitto e culmina in una lettera sarcastica e presuntuosa dello studioso pugliese, che Fortunato, ad epilogo, definisce uomo senza pudore , dall'insopportabile acidità e utopista al punto da concepire piani per rifare il pianeta Terra .
Il Romeo sottolinea nella nota di copertina che a alla guerra egli guardò con animo trepidante, attendendosi da essa il giudizio definitivo su ciò che l'Italia fosse e valesse , non senza aver rammentato l'appartenenza di Fortunato al gruppo risolutamente neutralista di Italia nostra .
E il caso, ora, grazie a questa fonte sulla storia d'Italia, messa a disposizione da Gentile, di guardare alle tesi di Fortunato dal di dentro, vale a dire leggendolo e citandolo senza forzature. Nel gennaio 1912, ed è già indicativo dello stato d'animo, mai inficiato da spirito di parte, egli considera l'impresa tripolina ce necessaria, se mai; ma infruttifera, dispendiosa e perigliosa ; pochi giorni dopo, esclude la calamità di una guerra e nel luglio successivo si dice e letteralmente atterrito dalla possibilità di ce azzuffarsi con l'Austria, senza rinunziare a confessare avversione ed antipatia per la Gran Bretagna.
L'atteggiamento muta nel 1914 con la metamorfosi del quadro internazionale: approva la neutralità, il rifiuto al rinnovo della Triplice con alleati barbari ed indegni e il nazionalismo di Antonio Salandra. Precisa, proprio a Salandra (ottobre 1914), l'impostazione della sua scelta neutralistica, che è assoluta, ma deve durare fino al momento in cui dovesse diventare dannosa.
Scrivendo nel gennaio 1915 a Gioacchino Volpe, Fortunato profetizza, e gli anni daranno alle parole una dimensione addirittura ottimistica, che la guerra costituisce il primo atto di una tragedia di trenta e più anni . Nei giorni più acuti della decisione d'intervento il Carteggio registra un vuoto ed un silenzio, prova e commento dell'amarezza e del disagio di Fortunato: il mese di maggio, lo confessa a Salvemini il 2 giugno successivo, è stato il mese di maggior turbamento morale di tutta la sua vita.
Pur dubitando della fedeltà italiana alle leggi dell'onore e dell'utilità della decisione interventista, ammette di non aver durato fatica a votare i pieni poteri al Governo e sente di dover esprimere ce voti ardentissimi perché la vittoria ci sia assicurata . Che la scelta fosse stata travagliata, è confermato dalla ricchissima corrispondenza con Michele Rigillo, anche se l'impegno della nazione gli fornisce motivo per dare un valore lirico alle tre parole: l'Italia è fatta e per ritenere l'ultimo mezzo secolo, il più degno che l'Italia abbia mai avuto, dopo Roma imperiale, dacché è sotto i cieli e nelle acque del mare Nei momenti cruciali (quanti avrebbero gioito?) dichiara inaccettabile la resa a discrezione, respinge l'idea di condannare poco meno che alla forca coloro che vollero la guerra e definisce indegno il discorso di Giolitti del 13 agosto 1917, nel quale veniva censurata la a grave catastrofe della guerra.
Tanto per non allungare troppo l'analisi, il Carteggio contiene un ultimo elemento per mostrare definitivamente la posizione di Fortunato, finora a forza inquadrata tra le più salienti della corrente neutralista. A guerra conclusa, il 1 marzo 1919, trova modo di ripetere a Rigillo il triste pronostico su un'Italia, assente nella vicenda bellica e il 17 aprile a Tommaso Senise la condanna della oc cieca e folle impresa di Libia.
Nell'ultima parte del ricco volume, a dispetto dello stesso Fortunato, che si ritiene estraneo ad un mondo completamente trasformato, rimane sempre fitto l'intreccio epistolare, ma la schiera dei corrispondenti si assottiglia ogni giorno di più e Fortunato predomina nelle lettere. Drammaticamente preoccupato, prima, per la salute del fratello, dal 6 dicembre 1921, data della scomparsa di Ernesto, vive, straziato e disperato. Davanti al fascismo trionfante si trova solo a pensare, a doler [si] in opposizione alla quasi umanità e, confessa di sentirsi un giorno più dell'altro disfatto nel fisico e nel morale .
Mentre rimaniamo in attesa del terzo volume, che secondo il piano dell'opera conterrà le lettere fino alla morte, avvenuta nel 1932, nell'auspicio di una seconda edizione e con lo stesso intento, già palesato nella recensione del volume d'apertura, desideriamo integrare gli incompleti dati anagrafici di alcuni parlamentari, citati nelle note. L'avvocato e magistrato molisano Tommaso Mosca scomparve, sessantottenne, nel 1927 mentre l'onorevole