Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1980>   pagina <476>
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Libri e periodici
rapidamente partiti contadini che tentarono di coalizzarsi in una Internazionale Verde che finì per preoccupare le classi dirigenti delle potenze europee.
La grande rivolta contadina del 1907 si estese rapidamente dalla Moldavia setten­trionale al Danubio e dalle richieste di revisione dei contratti si giunse all'occupazione delle terre. Fenomeno comprensibile considerando che nel 1864 era avvenuta, non senza problemi, l'abolizione della servitù della gleba e nel 1866 i grandi proprietari erano riusciti a far approvare la legge sui contratti agricoli in virtù della quale il contadino poteva essere costretto al lavoro, nei campi del latifondista, mediante sanzioni penali. Questa legge, sottolinea FA., segnò il passaggio dallo sfruttamento di tipo feudale a quello di tipo capita­listico e da quel momento fino al 1907 si ebbe il periodo più drammatico per le condizioni di vita della popolazione rurale.
Il ritorno al potere dei liberali di M. D. Sturdza (marzo 1907), la promessa di riforme, I allargamento della piccola proprietà e il largo impiego dell'esercito posero fine alla rivolta (aprile 1907). La ce grande paura del 1907 determinò sostanziali modifiche nella legisla­zione in materia e le richieste dei contadini furono in parte accolte. Migliorato il regime dei contratti agricoli fu introdotto il sistema delle cooperative e istituito un apposito ufficio per incoraggiare il passaggio delle terre ai contadini.
La questione agraria tornò a riacutizzarsi nel 1913 per le inadempienze governative e per la partecipazione alla seconda guerra balcanica con il relativo confronto con la Bul­garia, paese caratterizzato appunto dalla piccola proprietà contadina. In questa occasione le lotte contadine assunsero l'aspetto di azioni dirette contro l'apparato statale e i liberali si fecero allora portavoce della necessità di ampie riforme tra cui l'esproprio dei latifondi superiori a mille ha.
La guerra mondiale giunse ad interrompere questo processo: lo svolgimento del con­flitto e la vittoria dell'Intesa, alle quali la Romania si era legata dopo varie vicende, deter­minò il compimento dell'unità nazionale con l'annessione di tutte le province storiche (Valacchia, Bucovina, Transilvania, parte del Banato, Dobrugia meridionale, Bessarabia). L'aumento delle capacità potenziali della Romania soprattutto nel campo industriale non risolse il problema agrario che risultò, al contrario, aggravato dalle ingenti perdite in vite umane, dalle devastazioni subite e, soprattutto, dall'assenza di chiari programmi di svi­luppo economico.
Il rapido sviluppo del ceto medio delle città e delle campagne, la rivendicazione dei diritti costituzionali, i non sempre facili rapporti con gli Alleati e la posizione geografica che ne faceva la nazione di punta del cordone sanitario nei confronti della Russia bolscevica, costituiscono i complessi aspetti della vita sociale, politica e diplomatica romena negli anni 1918-1921. La riforma agraria, il cui iter legislativo durò dal giugno 1917 all'aprile 1920, e la riforma elettorale (1919) mutarono profondamente il volto politico del paese. Scomparso il Partito conservatore il Partito liberale si trovò a coprire uno spazio politico più a destra: il Partito nazionale romeno, di nuova formazione, e il Partito con­tadino divennero i veri protagonisti dela vita politica romena.
Con le dimissioni di Bratianu (novembre 1919) il governo fu costituito da un Blocco comprendente il Partito contadino e il Partito nazionalista-democratico il cui programma di sinistra finì per preoccupare i liberali. Prese corpo allora la soluzione Averescu . Questo generale, di origine contadina, alla testa della Lega del Popolo pose fine al fermento rivolu­zionario che serpeggiava nel paese assorbendo la protesta del movimento contadino. Sfal­datasi la combinazione Averescu, la crisi delle varie formazioni politiche riportò al potere Bratianu che si trovò ad applicare la riforma agraria la quale, con il definitivo esproprio del latifondo (1922-1927), determinò una profonda trasformazione sociale ma non risolse i problemi economici della Grande Romania.
Le grandi riforme, conclude l'A., avevano offerto al paese l'occasione storica per compiere il definitivo ingresso nel contesto europeo ma non avevano sconfitto la secolare arretratezza delle campagne. La crisi economica del 1929 e le conseguenti complicazioni internazionali non permisero lo sviluppo progressivo del paese e nel sempre più minac­cioso malcontento dei contadini i governi trovarono motivo per porre consistenti limiti alle libertà politiche favorendo infine forme di governo dittatoriali.
ANTONELLO BIAGINI