Rassegna storica del Risorgimento
PAPA CARLO
anno
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1981
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pagina
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Carlo Papa
413
Sei mesi dopo, quando il sacrificio della patria avrebbe detto Jacopo Ortis era ormai consumato, Papa concludeva un'elegia con queste due ottave:
Oh, nono Pio! né un fragile scettro t'illuda ancora! Dio ti chiamava a schiudere una felice aurora; ma perché siedi unito de' dèspoti al convito, Dio che parlò nel tuono, ti sperde il trono!
Ei lo ponea segnacolo di luce all'universo, perché il poter de' principi fosse al Vangèl converso. Tu l'oscurasti, e in polvere crolla dinanzi a tei Sarai pastor dei popoli, ma non sarai più re
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Con questo auspicio il poeta ventiquattrenne si congedava dalle illusioni quarantottesche e si avviava a trascorrere, anche lui, il suo decennio di preparazione.
La Legione Universitaria si era sciolta a Nicosia, il suo tenente, forzosamente congedato, era tornato a Palermo, da dove il 19 giugno scriveva ad un amico:
Io sono tranquillo, perfettamente tranquillo; te ne siano testimonianza i versi che ti mando, giacché tu sai che i miei momenti poetici son quelli della maggior calma del mio spirito. Confinato in casa da una forte irritazione al fegato, resa più acre, forse, dal dispiacere degli ultimi avvenimenti, svolgendo qualche libro per distrarmi... La certezza che la mia lettera ti sarà religiosamente consegnata, mi permette di entrare in qualche dettaglio. Prima di tutto ti dico che è d'uopo perdonare a coloro che in sedici mesi di governo non seppero organizzare ed armare sedici buoni reggimenti con qualche pezzo di grossa artiglieria, che avrebbe dato il buon viaggio alla guarnigione della Cittadella in Messina... e poi è tempo di tutt'altro che di vane recriminazioni. È d'uopo anche essere indulgenti con coloro che la paura e il bisogno trascina ai piedi del principe di Satriano e si recano a merito il bestemmiare ed imprecare quel poco di bene per cui la Sicilia sarà ricordata nella storia di questi tempi. I pochi han l'animo di Giuda, ma il maggior numero peccano come San Pietro. Attendiamo che si commuovano quando ci sia un gallo che canti. A proposito di Satriano io temeva che fosse più. destro in politica. L'adempimento leale delle promesse da lui fatte in nome dei suo paterno monarca, un regime più moderato, l'attivazione del lavoro e qualche opportuna riforma avrebbe potuto creare un'epoca transitoria conciliatrice fra il popolo e la dinastia e durarne l'accordo per un buon pezzo. Ciò avrebbe formato un argine non superabile prontamente dal partito liberale, ed io mi angustiava che Satriano avesse potuto colpire ed eseguire abilmente questo concetto. Però egli non ha avuto né anche la pazienza di dissimulare più oltre, ed eccoci agli esigli, alle persecuzioni, alle fucilazioni. Farà un poco di terrore, ma il malcontento si accrescerà e l'odio preparerà la vendetta. Cosi egli senza volerlo rovina la sua e aiuta la nostra causa; e quando fra un decennio saranno una gioventù piena di ardore, di vita e d'illusioni questi cari giovinetti che adesso contano da sette a sedici anni, si farà un nuovo bello.
Ci saremo noi pure? È un gran dubbio in questi momenti dove panni d'avei sempre i birri alla porta e poi una mezza dozzina di palle nello stomaco! ad ogni modo ballerini non mancheranno... È il tempo di essere profondamente dissimulati non solo in faccia ai nemici, ma anche in faccia ai deboli, agli indifferenti ed ai quietisti. Bisogna travagliare in segreto con energia, e conciliarsi la fiducia delle masse con una condotta irreprensibile e beneficente. Mostriamoci assorbiti o nelle faccende domestiche o in istudi severi secondo la capacità e le circostanze. Se vogliamo essere uomini politici è forza condurci in modo da far credere che tutt'altro abbiamo per testa che la politica* Tu sei già ritornato ai tuoi
3*) In morte d'Annetta e Giuseppina Tunisi-Colonna, in Liriche, cit, pp. 274-275.