Rassegna storica del Risorgimento

PAPA CARLO
anno <1981>   pagina <430>
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Enzo Sipione
È un breve e ben argomentato discorso. Non mi domandate donde io venga, e quale programma rappresenti; io non saprei dirvelo. Ho creduto di pronunziare parole e di formulare concetti che nascendo dalle mie convinzioni non s'ispirano menomamente alle idee di partito . Poiché egli si era iscritto a parlare per dimostrare i punti di contatto e le divergenze che esistono fra le mie idee e quelle del progetto ministeriale dichiara in via preliminare che qualsiasi azione che si pronunzi troppo rapidamente, ove incontri un ostacolo insormontabile, si converte in movimento retrogrado, sicché alla rivoluzione succede non di rado la reazione . Il paese era uscito da due guerre e meno di un anno dopo ne avrebbe affrontata una terza e Papa ricorda che la ricchezza nazionale non può ad una volta ottemperare a due urgenti bisogni: quello cioè della difesa e della guerra, e quello dello sviluppo della ricchezza territoriale e industriale . Noi aggiunge epigraficamente abbiamo fatto dei sacrifizi, abbiamo fatto delle opere che saranno forse raccontate come prodigi nei tempi che chiameranno antico il tempo dove noi siamo era ovvio perciò che le finanze italiane non potessero trovarsi affatto in felici condizioni è il risultato naturale dell'abuso che abbiamo fatto della vigoria nazionale. Il governo chiedeva un credito di 425 milioni : il bisogno è sventuratamente un fatto , perciò si approvi, ma perché infeudare l'Italia a' capitali stranieri anziché rivolgersi al credito nazionale? La domanda sembra un po' ingenua, ma Papa incalza il Ministero può mettere in mano a' capitalisti nazionali vistose proprietà territo­riali ed accenna, di corsa, alle disponibilità imminenti delle cosi dette mani-morte, cioè il servaggio della proprietà territoriale . Questa proprietà dob­biamo emanciparla, avvicinarla al capitale, al lavoro ed alle braccia del popolo: ve ne propongo adunque la conversione e la vendita . Ma il ministero [La Marmora] ed il ministro delle finanze [Sella] fanno gli occhi dolci al credito estero, ed io insisto perché almeno, a titolo di esperimento, si ricorra al credito italiano... il ministro delle finanze diffida forse degli elementi indigeni, all'in­contro io vi confido, ed bo l'intimo convincimento che non mi giungerà un disinganno. Entra quindi nei particolari: Noi non abbiamo semplicemente in dissesto il tesoro della nazione. La tendenza ai sùbiti miglioramenti ed a valersi del credito agita pure i comuni e le Provincie; cosicché abbiamo la smania dei grandi lavori e la triste piaga del debito nel comune, nella provincia e nello Stato . Si assommi perciò, propone, agli altri redditi dello Stato la tassa sul credito mobiliare, ma se ne escluda il dazio di consumo, da riportare nel patrimonio comunale, per cui i municipi dovrebbero rinunziare a qualunque sovrimposta sulla tassa fondiaria e dovrebbero supplirne la carenza con gli introiti del dazio. Inoltre, poiché si era già proposto di demandare alle Pro­vincie in parte l'istruzione secondaria, quanto a dire i ginnasi e le scuole tecni­che, le spese occorrenti per questo ramo dell'istruzione sarebbero ancora prele­vate sullo stesso dazio di consumo , il cui importo ammontava a 28 milioni; a fronte di questo sacrifizio l'amministrazione dello Stato risparmierebbe la spesa non lieve che fa attualmente per l'istruzione secondaria... e le resterebbe la tassa immobiliare libera dalle sovrimposte municipali, da cui, con un ordina­mento più equo e meglio disposto, potrebbe trovarsi un accrescimento all'attivo dell'imposta principale . Sembra, questa, una proposta ardita, mediante la quale sottrarre all'arbitrio degli amministratori degli enti locali la facoltà d'imporre una sovrimposta crescente, così che il gravame su case e terreni lievitava in ragione delle necessità di spese già deliberate non sempre ragionevolmente. Significativa era infatti la conclusione del discorso: Alla vigilia delle nuove elezioni, quando dobbiamo presentarci al popolo, non per domandarne il sui-