Rassegna storica del Risorgimento
PAPA CARLO
anno
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1981
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Carlo Papa
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Egli, dichiarandosi d'accordo sn quanto il deputato aveva scritto e limitandosi ad aggiungere qualche particolare, concludeva additando il nodo più intrigato di tutta la questione. Va benissimo la conciliazione col pontefice, ma essa consentirebbe l'acquisizione di Roma come capitale d'Italia? Tale città fu la metropoli del mondo antico... è, e debb'essere, la metropoli del mondo moderno. Non la degradiamo riducendola a capitale d'un solo regno; sarebbe allora un'altra Madrid, forse un'altra Parigi, ma non sarebbe più l'eterna Roma, l'unica Roma. Lasciamo che si unisca con vincoli morali al giovine regno d'Italia... ma resti qual'è, sede della religione dell'amore e del pensiero moderno.
Papa rispose, meno di tre mesi dopo, servendosi delle colonne di un prestigioso giornale nazionale II Diritto.
Sul numero del 6 dicembre 1866 era stato pubblicato:
Non amiamo sottoporre a singola critica le idee del deputato di Modica, ma ci sorprende un poco che egli, uso a schierarsi fra gli uomini del centro sinistra, si accordi con le idee riformiste e religiose del presidente del Consiglio. Il concetto dominante dei suoi scrìtti è la riconciliazione, ma in quali termini pratici? Come restituire a Romr la sua italianità serbandole il carattere cattolico? Ecco quesiti che né Papa né Ri easoli hanno per anco sciolto.
L'unica soluzione possibile era stata proposta dal modesto Ciaceri, ma lo sviluppo delle vicende, la retorica dominante, tutto il modo come quell'argomento era stato impostato e trattato non consentivano di ammetterlo apertamente. À Papa non restò che arroccarsi sui precedenti passi, mossi a partire dal 1861 (Boncompagni, Poggio, Pepoli), affermando che l'italianità di Roma deve risorgere, non attaccando ma fortificando di guarantigie il suo carattere cattolico, con l'indipendenza e la libertà delle sue istituzioni . Non esistevano, per lui, dubbi che il problema deve risolversi in Roma, [esso] del quale il cattolicismo è uno dei fattori importanti, comprende una questione eminentemente italiana per quanto concerne l'assetto interno, definitivo del regno d'Italia, una questione eminentemente europea per ciò che interessa le relazioni internazionali fra il principio della nazionalità e Pinstituzione del papato romano, una questione eminentemente sociale in quanto ne dipende il libero esplica-mento di tutto l'umano travaglio e lo slancio dello spirito umano .
Si tratta di un ragionamento ineccepibile, ma basato soltanto su una tenue, troppo tenue speranza, quella di un accordo diretto col pontefice, nel quale il deputato di Modica dichiarava di credere se l'Italia sa mantenersi all'altezza della missione che ha assunto innanzi a se stessa e innanzi all'Europa .
Sarebbe invece accaduto quello che egli, sebbene in un contesto diverso, timorosamente presagiva:
l'indifferentismo del mondo cattolico sarebbe per se stesso la negazione, sarebbe, dirò meglio, l'assurdo di asserire l'esistenza di un mondo cattolico, che più non comprenda gli aneliti del cattolicismo in cui assume la denominazione e il carattere.
Il 13 febbraio 1867, in un clima di profonda inquietudine, la Camera dei deputati fu sciolta. Papa, senza incontrare difficoltà, per la terza volta fu rieletto deputato.
I fatti però andavano svolgendosi in direzione radicalmente opposta dal modo come egli li aveva auspicati. Il bilancio dello Stato, del cui regolamento era stato sollecito ed appassionato sostenitore, aveva toccato il disavanzo, per quei tempi spaventoso, di quasi mezzo miliardo; la pace, della quale era sempre