Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA RELAZIONI CON IL MONTENEGRO 1914-1918; MONTENEGRO RELAZI
anno <1981>   pagina <454>
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454 Antonello Biagini
Analizzando più in generale la politica del Montenegro, Accame sottoli­neava come nei vari atti di quel governo fosse ravvisabile una sostanziale linea di continuità (trattative con l'Austria all'epoca dell'assedio di Scutari, per l'armistizio) che non dà certo affidamento di una grande devozione alla causa della Quadruplice. Non solo ma le affermazioni di fedeltà sempre ripetute da quel governo servivano, a suo giudizio, a soddisfare l'opinione pubblica interna. La possibilità di uno sbarco alleato a Cattaro era poi da escludere a causa della stagione invernale ormai avanzata mentre diffus era la sfiducia sull'esito positivo della guerra e con sempre maggiore insistenza si faceva strada l'idea della conclusione di una pace con l'Austria: È vero concludeva Accame che qui l'opinione pubblica è una cosa più variabile, ma in ogni modo è significativa anche questa manifestazione e può se non altro indicare che questa minaccia contro la Serbia non ha molto commosso i fratelli slavi che intendono per ora mantenersi in una prudente attesa e soprattutto, mi pare, cadere in piedi .
I primi di gennaio 1916, la 62a divisione austriaca rinnovò l'attacco contro le linee montenegrino e il 10 raggiunse la cima del Lovcen. Il Comando su­premo montenegrino lanciò allora un contrattacco che fallì per la stanchezza e l'estremo disagio delle truppe. Lo stesso giorno il governo del Principato pro­pose a re Nicola di chiedere una sospensione al fine di trattare il termine delle ostilità. Il giorno successivo delegati del governo montenegrino si recarono presso le linee austro-ungariche per chiedere un armistizio di sei giorni. Il Comando supremo imperiale non aderì alla richiesta e ordinò il proseguimento delle operazioni: solo una resa incondizionata con la consegna delle armi sa­rebbe stata presa in considerazione. Le operazioni continuarono e il giorno 13 le truppe austriache occuparono Cetinje, Il rifiuto opposto dagli austro-ungarici alla nuova richiesta di sospensione dei combattimenti indusse re Nicola il 16 gennaio ad accettare integralmente le condizioni austriache. La resa e la con­segna delle armi venne fissata per il 25; il 20 re Nicola, che si era trasferito a Brindisi su una torpediniera italiana, dichiarò di non accettare alcuna con­dizione e di continuare la lotta. Ma ormai l'esercito montenegrino aveva cessato di esistere e la 3a armata austriaca aveva via libera verso la pianura costiera dell'Albania settentrionale secondo quel progetto elaborato da Conrad nel 1915 il quale prevedeva la fine degli Stati serbo, montenegrino e albanese. Il 23 vennero occupate Scutari e Podgorica, il 31 Alessio e San Giovanni di Medua. Secondo il generale Cadorna, Durazzo doveva allora essere sgomberata via terra attestandosi a Valona; per Sonnino, ministro degli Esteri, era necessario invece mantenerne il possesso quale pegno politico. Il 29 gennaio iniziarono con il Mon­tenegro le trattative di pace e, contrariamente al progetto Conrad, il ministro Burlan e il governo di Berlino erano favorevoli non solo al mantenimento del Montenegro come Stato, ma addirittura ad un suo ingrandimento a spese della Serbia con il palese fine di bloccare ogni velleità panserba e svuotare quindi di significato la propaganda filo-jugoslava. Il Montenegro rimase così occupato; dalle truppe austrìache fino all'autunno 1918, mentre sul piano politico sempre più complessi si facevano i rapporti di quel governo in esilio con gli altri slavi e con i governi dell'Intesa. Questi, infatti* ad esclusione dell'Italia, erano del tutto favorevoli, sia pure con motivazioni diverse, all'unità jugoslava che in
350 Accame a capo di Stato Maggiore dalla Marina, Cetinje, 18 ottobre 1915, oggetto: Rapporto di missione, toc. cit.