Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1981>   pagina <482>
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labri e periodici
caliamo ottocentesco; in particolare, sul milanese graverebbe quella a prudenza politica e quell'astrattismo settecentesco che contribuirebbero a collocare il nostro autore nella filo­sofia moderata di stampo pre-rivoluzionario ovvero nella mentalità delle rivoluzioni tradite. Privo della dialettica, tutto questo pensiero sarebbe condannato alla impotenza.
A suffragio di questa tesi sono vari paragrafi, dedicati ciascuno alla analisi di aspetti particolari del pensiero di Cattaneo, quali la concezione del popolo, della libertà, del progresso ecc. (pp. 141 e sgg.).
Queste analisi, pur condotte puntualmente sui testi, avrebbero forse dato una imma­gine più compatta dell'autore se fossero state fuse in una visione d'insieme, ed avrebbero rappresentato anche meno moderati concetti quali la liberalizzazione del commercio, la divisione del lavoro, la liberalizzazione della proprietà che in Cattaneo esprimono i problemi economico-sociali connessi al nascente industrialesimo.
Nel modo in cui è condotta, l'analisi conclude alla rappresentazione dell'illumi­nismo cattaneano quale teoria che propugna la razionalizzazione del sistema politico-sociale esistente al solo scopo di affinarne il meccanismo oppressivo; la critica contro i vincoli medievali alla proprietà e i nuovi creati contro il libero commercio dal protezionismo, consi­derati dalla Frabotta come sostegno teorico al dominio del capitale, sono due degli aspetti del pensiero di Cattaneo più palesemente ribaltati nei contenuti e nei fini delTA.
La particolare considerazione di molte questioni che investono i punti più qualificanti del pensiero dello scrittore milanese conduce VA. a rilevare contraddizioni perlomeno ecces­sive. Così, la positiva valutazione dell'antitesi, dalla Frabotta vista come a quasi un rove­sciamento dell'idealismo (p. 349) coglie un frutto isolato in un terreno sterile.
Le riflessioni di Cattaneo sull'antitesi testimoniano, invero, pur nel mutato clima storico, la forza del retaggio della dialettica dell'illuminismo e del pensiero rivoluzionario che privilegia, nella lotta dei termini opposti, quello progressivo. Questo pensiero non è lontano, dunque da quella dialettica esclusiva su cui il '700 aveva fondato le sue cono­scenze naturali e le possibilità della scienza, come Cattaneo stesso riconosce implicitamente quando rifiuta l'idea stessa di una storia della filosofia, quale inutile ripetizione di errori che gli ulteriori progressi del sapere hanno rivelato e superato.
Al di là del forzato confronto con Marx, il libro non sembra apportare nuove tesi nella storia della critica cattaneana; vari elementi, provenienti da critiche e culture che si sono misurate nei diversi tempi con Cattaneo, coesistono nella Frabotta, dando dello scrit­tore una immagine forse più frammentaria e contraddittoria di quanto non sia in realtà. Le simpatie dell'A. vanno evidentemente alla fase attivistica, quarantottesca dell'eroe delle cinque giornate, ed in questo senso si spiega il carattere pragmatico che sembra spirare da tutto il lavoro, ed il particolare interesse per la vita e le attività pratiche dello scrittore milanese.
BRUNO DI SAB ANTONIO
GIACOMO ADAMI, Giuseppe Mazzoni un maestro di libertà. Con documenti inediti Prato, Azienda Autonoma di Turismo, 1979, in 8, pp. XV1-270. S.p.
Tra tutti i personaggi che nei lunghi e difficili anni delle lotte per l'Unità avevano gravitato intorno a Mazzini l'umbratile e schiva figura del suo quasi omonimo Mazzoni, avvocato pratese, mi era sembrata a suo tempo una delle poche in possesso di due doti rare quanto fondamentali per chiunque si dia alla militanza politica: l'intelligenza e l'onestà tipica del vero galantuomo. Più che di una certezza si trattava, però, di un'im­pressione, una sensazione vaga e come tale bisognosa di conferma, in quanto nata da un rapido approccio alla dissidenza antimazziniana nel quinquennio 1849-1853, e particolar­mente nei mesi che avevano preceduto e seguito il colpo di Stato di Luigi Napoleone. Allora, mentre la gran massa degli esuli italiani a Parigi si era lanciata a capofitto nella rissa come nel tipo di discussione che più le era congeniale in quanto dispensava da troppo faticosi sforzi mentali, mentre d'altra parte i fedelissimi di Mazzini avevano fatto qua­drato e respinto a priori l'eventualità stessa della critica, Mazzoni aveva mantenuto un suo stile pacato, lo stile di chi, pur rifuggendo dagli scontri verbali, non aveva mancato