Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1981>   pagina <483>
immagine non disponibile

Libri e periodici 483
di avvertire l'esigenza di un dibattito chiarificatore che si sollevasse dal livello squallido di una lite di famiglia e non offrisse, agli stranieri, Io spettacolo di una emigrazione chiassosa, ed agli avversari, il comodo vantaggio di una spaccatura insanabile dell'intero movimento rivoluzionario; a II linguaggio dei fanatici intolleranti, o dei mercatori d'in­chiostro e di parola, non è familiare alle nostre labbra (p. 212), aveva affermato con orgoglio e a buon diritto commentando il fallimento del 6 febbraio.
La consultazione di alcuni autografi di Mazzoni conservati nell'archivio del Museo centrale del Risorgimento mi aveva dato qualche altra indicazione su di lui: prima di esprimere un concetto Mazzoni soppesava bene le parole; di ogni lettera impegnativa sten­deva la minuta e le più importanti le sottoponeva ad un labor limae degno di un letterato. Lo stile epistolare si confaceva al suo carattere preciso e metodico e compensava in certo qual modo quella difficoltà a comunicare con immediatezza il proprio pensiero che era stata la causa principale del suo scarso successo come oratore. Ovviamente a motivare in lui questa ricerca della perfezione non era l'amore della forma: il problema centrale era quello del partito, e pochi sentirono al pari di lui la necessità di studiare un rimedio serio ai mali che affliggevano la frantumata democrazia italiana; e le sue considerazioni in pro­posito ne dimostravano la sensibili là verso forme d'organizzazione antiautoritarie, al servizio d'una strategia che aveva comunque nel raggiungimento dell'Unità un presupposto irri­nunciabile
A confermare e nello stesso tempo a precisare quella che era solo un'impressione giunge ora questo bel saggio di Giacomo Adami pubblicato con una veste tipografica incon­suetamente raffinata sotto gli auspici dell'Azienda del Turismo di Prato. Nei due capitoli introduttivi Adami chiarisce per prima cosa i caratteri dell'impegno politico di Mazzoni facendo giustizia delle etichette affibbiategli da chi, sulla scorta di qualche isolata ed epi­sodica manifestazione del suo pensiero, lo ha di volta in volta catalogato come mazziniano e federalista, socialista o internazionalista, garibaldino o anarchico. Per Adami nessuna di queste definizioni è esauriente o tale da escludere tutte le altre: Mazzoni scrive sapeva cogliere gli aspetti positivi delle proposte che gli uomini della scuola democratica di volta in volta avanzavano, ma amava anche porre al vaglio le loro idee e valutarne cri­ticamente la sostanza su di un piano di rigorosa razionalità, rifiutando in ogni caso il riconoscimento di un qualsiasi ruolo di preminenza a chicchessia. Per questo, se sbaglia chi afferma che Mazzoni fu mazziniano, sbaglia anche chi intende sostenerne una qual­siasi altra sudditanza politica . E poco più oltre: <c Non volle mai piegarsi ad accettare subordinazioni di sorta e pretese in ogni caso che il partito repubblicano fosse un partito libero di uomini liberi, non di gregari legati sempre e comunque al vincolo dell'obbedienza ad un capo... (pp. 14-15). Il che vuol dire che per lui il valore dell'ideologia democra­tica non dipendeva dagli uomini che la rappresentavano e che il culto della personalità non rientrava nei suoi schemi mentali: ce Noi affermerà il Pratese all'indomani della morte di Cavour in un primo sforzo di giudicarne storicamente l'operato non ci fabbri­cammo giammai né adorammo idolo alcuno; fummo anzi sempre contrari alla tendenza, che pure prepotente si rivela in Italia, di riguardare troppo negli uomini e poco o nulla nei principii... (p. 242): un passo che non faceva che ribadire quanto aveva scritto otto unni prima allorché, facendo il punto sulla situazione e sulle prospettive della democrazia italiana dopo il 6 febbraio, aveva espresso l'auspicio che all'autorità vacillante e spesso pericolosa dei nomi venga a sostituirsi quella più solida e più democratica dei principii e delle funzioni (p. 214).
Tuttavia, pur in questo quadro di grande apertura mentale, sulla fedeltà di Mazzoni all'ideale repubblicano unitario non ci possono esser dubbi. Lo stesso suo distacco dal mazzi ni anesimo non si verificò, come per tanti altri, per una involuzione in senso mode­rato ma per una sfiducia nella strategia delle insurrezioni a getto continuo. Quanto al suo contributo critico, che fu rilevante perché da lui Mazzini ricevette, senza peraltro tenerle in gran conto, preziose indicazioni sull'atteggiamento di alcune frange del partito, le posi­zioni di Mazzoni possono essere assimilate sul piano pratico a quelle di un Macchi ma senza quel tono da grillo parlante che si coglie in tante pagine del discepolo di Cattaneo, e ciò se non altro perché, diversamente da Macchi, Mazzoni non ritenne opportuno dare pubblicità al proprio dissenso (ammesso che cosi lo si possa definire): il suo interlocutore