Rassegna storica del Risorgimento
ELEZIONI COMUNALI MILANO 1914; PARTITI POLTICI MILANO 1914
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1982
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Barbarossa a palazzo Marino
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All'inizio la rottura con i radicali venne accompagnata, sul piano cittadino, dalla convinzione che essa avrebbe in definitiva favorito gli stessi antichi alleati, che espandendosi in quei settori di elettorato potenzialmente democratico che venivano tenuti lontani dalla diffidenza verso il socialismo, avrebbero potuto sottrarre il Comune alla maggioranza clerico-moderata che lo amministrava dal 1905. Ciò avrebbe consentito ai socialisti di avere dinnanzi a sé alcuni anni per preparare come gruppo consiliare di opposizione i propri uomini al difficile compito di amministrare il Comune.3) Con le elezioni amministrative del 1910 e del 1911 apparve, però, chiaro che i radicali non avevano la forza sufficiente per strappare da soli la maggioranza alla coalizione formata da liberali e catto* liei e che dunque solo i socialisti potevano sconfiggerla. Nel 1911, con la propria scelta di autonomia o, come si diceva, di intransigenza elettorale, e consentendo che la città venisse amministrata da una Giunta che non si reggeva sulla maggio* ranza assoluta dei suffragi, i socialisti dimostrarono che la rottura con i radicali era ormai irreversibile e che essi intendevano ormai porre direttamente la propria candidatura alla guida della città.4)
Fu essenziale a questo fine il ruolo esercitato dal gruppo consiliare socialista, che dal 1911 al 1913 sviluppò un'azione di grande importanza nel legare le battaglie del 1910 e del 1911, guidate dai riformisti in posizione di netto predominio sulla corrente rivoluzionaria del proprio partito, con quella del 1914,
NELLI. L'attività del Consiglio comunale e della Giunta municipale di Milano dal 1901 al 1909, in fi Comune di Milano, Milano, 1970, pp. 125-154; FRANCO NASI, 1899-1926: da Mussi a Mangiagalli, Storia dell'amministrazione comunale, Milano, 1969, pp. 17-35; MAURIZIO PONZO, Socialisti e radicali a Milano. Cinque anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze, 1980.
Per quanto riguarda la decisione dei riformisti Gruppi socialisti milanesi di passare dall'alleanza con la democrazia radicale all'intransigenza elettorale, vedi: MAURIZIO PUNZO. Riformisti e politica comunale, in II socialismo riformista a Milano agli inizi del secolo, Milano, 1981, pp. 199-272 e, in particolare, pp. 241-257.
3) MAURIZIO PUNZO, Riformisti e politica comunale cit., pp. 241-265.
4) Nelle elezioni del gennaio 1911 i socialisti ottennero un risultato oscillante tra i 10.458 e i 9.803 voti, superando quindi di poco la lista radicale e repubblicana, che non ostante i suoi circa 9.500 voti restò esclusa dal nuovo Consiglio comunale. La lista liberal-cattolica conquistò la maggioranza con un risultato compreso tra i 17.034 er i 15.424 voti, ma il primo degli eletti fu il socialista Bonardi (18.469), il cui nome figurava anche nella lista radicale. II numero di suffragi ottenuti da Bonardi mostrava in modo evidentissimo che la somma dei voti socialisti e radicali era superiore a quella della lista maggioritaria. Fu lo stesso Bonardi, inaugurando il nuovo Consiglio comunale, ad affermare che quella dei socialisti sarebbe stata l'opposizione di una minoranza la quale sapeva di avere consenziente nelle proprie battaglie la maggioranza degli elettori (Atti del Comune di Milano, 1910-1911, voi. I, Atti del Consiglio comunale, seduta straordinaria del 30 gennaio 1911, p. 3). Di estrema importanza il parere espresso in quell'occasione da Turati, il quale riteneva che dovesse essere respinta la tesi secondo la quale i clerico-moderati non dovevano essere considerati la legittima maggioranza, essendo stati eletti solo dalla maggioranza relativa degli elettori, e faceva notare ohe la stessa cosa sarebbe potuta accadere ai socialisti (FILIPPO TUBATI - ANNA KULISCIOFF, Carteggio, Torino, 1977, voi. Ili, Tomo I, Filippo Turati ad Anna Kuliscioff, Roma, 26 gennaio 1911, p. 343).