Rassegna storica del Risorgimento
ELEZIONI COMUNALI MILANO 1914; PARTITI POLTICI MILANO 1914
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1982
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Barbarossa a palazzo Marino
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mancare il proprio appoggio ai candidati del partito liberale.*2) H successo radicale, data anche la moderazione dei suoi eletti, appariva in effetti più come un voto negativo nei confronti dei liberali e della loro politica che come uno spostamento elettorale verso le posizioni radicali. I liberali quindi ritennero che l'aver perduto tre deputati su quattro costituisse una grave sconfìtta per il loro partito e per l'amministrazione muncipale e decisero che sia la Giunta Greppi sia l'intera maggioranza consiliare dovessero dimettersi, provocando così lo scioglimento del Consiglio comunale.43) Tale decisione venne presa contro il parere del governo e del prefetto Panizzardi, il quale tentò anzi di indurre i rappresentanti della maggioranza a restare al proprio posto.4*1
Il punto di vista di Panizzardi era soprattutto quello della politica nazionale e della maggioranza governativa, ma la sua idea che fosse necessario costituire a Milano una vera concentrazione liberale , estesa al partito democratico,*3 nasceva anche dalla considerazione che non vi era altro modo per sbar-
gioranza consiliare di dimettersi (Archivio di Stato di Milano, fondo cit., cart. 247, telegramma del prefetto a Giolitti, Cavour, in data 7-11-1913). Panizzardi ripete lo stesso giudizio sia a Giolitti (Ivi, cart. 247, lettera del prefetto al ministro dell'interno in data 29-11-1913, sia a Salandra (/vi, cart. 522, lettera del prefetto al ministro dell'interno in data 27-4-1914, cit.).
421 L'appoggio concesso dalla prefettura ai candidati liberali risulta da parecchi documenti, che testimoniano l'interessamento perché il maggior numero possibile di elettori sicuramente costituzionali si recasse alle urne il 26 ottobre ed il 2 novembre (ivi, cart. 509 e 510).
*3) Essendo infatti dimissionari i due terzi del Consiglio comunale, si sarebbe dovuto procedere, per legge, allo scioglimento dell'intero Consiglio. L'originale della lettera di dimissioni dei consiglieri della maggioranza, inviata dal Sindaco a Panizzardi, si trova in Archivio di Stato di Milano, fondo cit., cart. 247, lettera del Sindaco al prefetto in data 8-11-1913).
44) Panizzardi tentò di convincere il Sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali più autorevoli di quale errore fosse dimettersi, dal momento che le forze costituzionali avevano in definitiva perso solamente un Collegio (Ivi, cart. 247, lettera del prefetto a Giolitti. Cavour, in data 7-11-1913, cit.). Anche dopo le dimissioni ripete che si trattava di una crisi intempestiva ed inutile (Ivi, cart. 247, lettera del prefetto al ministro dell'interno in data 29-11-1913, cit.). La Sera concordava con il prefetto nel giudizio su Agnelli e Gasparotto, che riteneva due democratici dalla schietta fede costituzionale e dal programma essenzialmente liberale , mettendo quindi in luce come l'ala radicale rappresentata dal Secolo riuscisse piuttosto malconcia dalle elezioni (La Sera, 3 novembre 1913, a Dopo le elezioni politiche. La grande lezione ). Esso riteneva però, al pari della Perseveranza (La Perseveranza, 3 novembre 1913, Alla riscossa ) e del Corriere (Corriere della Sera, 3 novembre 1913, e A elezioni finite ) che ciò non bastasse a mascherare la sconfitta dei liberali moderati. Tutti i giornali liberali e quello cattolico approvarono incondizionatamente la decisione della Giunta e della maggioranza di dimettersi, che fu ben accolta anche dai giornali dell'opposizione, ad eccezione della Lombardia (La Lombardia, 7 novembre 1913, La crisi del Consiglio Comunale ) che avrebbe preferito che si rispettassero le normali scadenze elettorali.
45) Da lungo tempo scrisse Panizzardi a Salandra si va accarezzando un'idea la cui attuazione segnerebbe la netta distinzione dei partiti milanesi e sarebbe la fortuna di questa città. Si è cioè sempre pensato che una vera concentrazione liberale potrebbe definitivamente salvare Milano dal pericolo socialista. Essa dovrebbe comprendere i liberali di ogni gradazione, a partire dai democratici, per finire ai cattolici più illuminati, quelli cioè come gli on. Meda e Degli Occhi che ammettono l'unita nazionale con Roma capitale, lasciando con fuori i clericali puri . Panizzardi non si nascondeva però le difficoltà di una simile intesa e riteneva quindi che unica, vera risorsa del partito liberale alle prossime