Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE CENTENARIO; ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA
anno <1982>   pagina <79>
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Libri e periodici
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micistiche, non solo di strattura ma anche d'impostazione, quali il pensiero liberista o quello socialista.
Ciò peraltro che non è certamente crociano, e che rispecchia con fedeltà e sensibi­lità la storiografia più recente, è l'attenzione posta al momento reazionario di quella dia­lettica, sicché non vi è dubbio che il Mettermeli sia il protagonista autentico di tutto il volume, il liberalismo dottrinario non essendo rappresentato che da qualche scritto del Constant e della Staèl, con esclusione assoluta di quelli che un tempo sarebbero stati i dominatori indiscussi di una tematica all'Omodeo, un Guizot o // Conciliatore.
H movimento settario, la politica in azione attraverso i proclami durante le crisi rivoluzionarie, le descrizioni dei sistemi economici e le riflessioni su di esse, diventano così la manifestazione plastica e concretamente attiva del liberalismo al di là della libertà d'associazione o della filosofia della storia, una storiografia prammatica, vorremmo dire, in cui l'emancipazione dei cattolici irlandesi o le condizioni dei contadini polacchi e tedeschi si collocano sul medesimo piano problematico di una dissertazione liberista di Ridolfi o delle arringhe gallicane di Monllosier.
Mancano infatti anche i teorici della reazione e di quest'ultima, come s'è detto, è la politicità e l'operatività del Metternich a rappresentare la sostanza vivente, affiancala da Chateaubriand e Lamennais solo nella misura in cui i loro interventi s'ispirano ad una cultura militante, ad una battaglia effettivamente in corso sul piano politico e civile, il bilancio dei cento giorni o la polemica antigallicana, che operosamente si affiancano al testo della charte o alla repressione autoritaria in Germania.
Tutt'altro è da dirsi per il testo del Leoni e dei suoi collaboratori.
Qui infatti anche la puntigliosa ricostruzione e cronologia degli avvenimenti, soprat­tutto in prospettiva specificamente sanfedista ed antigiacobina, è subordinata ad un'inter­pretazione dei medesimi sub specie aeternitatis, cosi nel taglio dei numerosi, ma spesso troppo brevi e poco significativi, brani che compongono l'antologia, quanto soprattutto nei preamboli e nella trattazione introduttiva che occupa poco meno della metà del volume.
A quest'ultimo proposito vi è anzi da notare preliminarmente che, mentre il volume si propone d'illustrare, come s'è detto, l'integralismo cattolico, l'introduzione tratta della storia, dell'organizzazione e della dottrina del movimento controrivoluzionario, instaurando un'identificazione del tutto temeraria, di cui ancora e proprio Metternich costituisce la smentita più vistosa.
Gli autori hanno perfettamente ragione di sottolineare il carattere popolare e spon­taneo delle insorgenze italiane, ma questa sottolineatura presuppone una connotazione fortemente sociale, se non addirittura classista, di queste medesime insorgenze, che vice­versa è qui completamente assente, continuandosi a parlare di popolo, di religione, di tradizione, alla Rodolico (che non a caso è l'autore maggiormente citato) se non anche alla Alianello ed in versione cartista ed oleografica, in lotta con l'irreligione, lo stra­niero, la prepotenza soldatesca, e così via, tutto un gran mulinare d'idee, di formule e di etichette, per cui la gente non si sarebbe certo, dall'una parte come dall'altra, fatta ammaz­zare a migliaia.
Non si possono mettere insieme i ce motivi sentimentali e la coscrizione obbliga­toria, la devozione religiosa e la Amicizia Cattolica, l'antigiansenismo e le masse del Ruffo (organizzate militarmente, è vero, e non l'orda della leggenda, ma con quale pro­gramma?), i lamcnnaifliani modenesi e la turba dei settari romagnoli ed i dialoghi di Monaldo, tutti nemici dell'Ottantanove, sta bene, ma spesso nemici anche di ben altro che non degli immortali principi.
Se poi questi ultimi, come leggiamo alle pp. 70-71, consistono nel desiderio di distruzione che animò una élite di intellettuali contro tutti i valori e le strutture di una realtà alla quale si sentivano estranei... disposti a distruggere la società nella quale vive­vano pur di soddisfare le ambizioni di potere , allora siamo alla storia come complotto e cospirazione, cioè non siamo più alla storia.
RAFFAELE COLAPIETRA