Rassegna storica del Risorgimento

LACROIX FRAN?OIS JOSEPH PAMPHILE; REPUBBLICA NAPOLETANA 1799
anno <1982>   pagina <134>
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Pasquale Sarli
cercano di cancellare, ricordando il giorno in cui il Lacroix, in possesso della lista dei nomi dei carbonari, la tenne per sé, nascondendola al governo
Circa la data di composizione del Mémoire del Lacroix non abbiamo notizie precise. Da un inciso che troviamo nel documento ( Par le derider traité de paix de la République francaise avec le roi de Naples ), sembra desumersi in modo irrefutabile che il documento, o almeno l'ultima parte di esso, quella riguar­dante la Repubblica Napoletana, fu composto dopo la conclusione di questa pace: allusione chiara al trattato del 28 marzo 1801 concluso tra la Francia con­solare e Ferdinando IV di Napoli, che aveva i suoi precedenti nell'armistizio di Foligno del 18 febbraio dello stesso anno, firmato da Gioacchino Murat con le truppe napoletane; il che respingerebbe in avanti la data del vendémiaire Vili (ottobre 1799), scritta a matita (per opera evidentemente di un qualche archivista) in cima alla prima pagina del testo italiano. Né è tutto. Considerando poi che il Lacroix il 14 dicembre dello stesso anno promosso capo di stato maggiore della divisione Boudet, fu destinato ad operare nella lontana isola di San Domingo dov'era in atto la rivolta di Toussant-Louverture, è da presumere che il Lacroix abbia terminato il Mémoire prima della sua partenza per la lontana colonia fran­cese, dove le possibilità di sopravvivere al clima e alla guerra non erano certa­mente molte.
Il Mémoire del generale Lacroix si divide in due parti. La prima, più suc­cinta tratta della politica del Direttorio francese verso i vari Stati monarchici o aristocratici d'Italia (Venezia, Lucca, Piemonte, Parma, Toscana, Regno di Na­poli) e verso le repubbliche giacobine > create nella penisola tra il 1796 e il 1799 (la Cisalpina, la Ligure, la Romana, la Napoletana), mettendone in rilievo le incongruenze, le ambiguità, le oscillazioni e le contraddizioni. Una politica, detta della bascule, conseguenza diretta d'un particolare sistema di governo e di una intrinseca debolezza costituzionale e politica del Direttorio stesso, senza appoggi all'esterno e basi proprie in seno ai partiti e al Corpo Legislativo, co­stretta a barcamenarsi quotidianamente tra una destra conservatrice e costituzio­nalista, sempre in agguato, e una sinistra radicale e giacobina, forte abbastanza da metterla in imbarazzo la quale non era riuscita del tutto a stroncare e ad accet­tare una pace di Campoformio che con la cessione di Venezia a Vienna, lasciava intatta la potenza austriaca nella penisola, attestata sulla linea dell'Adige e in grado di dare una mano agli Stati monarchici ereditari.
Scettico sulla volontà e la possibilità di una vera pace con l'Austria, il Di­rettorio considera l'Italia un terreno di caccia per sé solo e non intende spartirla con nessuno. Di qui l'esigenza estrema di tenere le repubbliche giacobine al passo e di brider la Cisalpina, la più avversa e invadente di tutte, avec des chaines de fer , come dirà brutalmente Tallevrand al ministro prussiano a Pa­rigi, 9) e di non tollerare né atti arbitrari e autonomi da parte di esse né le mene rivoluzionarie del partito democratico-liberale, che sognava un grande Stato italiano a carattere unitario, indipendente e sovrano; di qui il trat­tato d'alleanza imposto alla Cisalpina riluttante, la riforma della Costituzione dell'Anno III, giudicata troppo rivoluzionaria e liberale, per dare più potere all'esecutivo a spese del legislativo; l'occupazione di Roma e l'imposizione d'una carta costituzionale che faceva del generale in capo l'arbitro supremo della Ro-
9) P. BAILLEU, Preussen und Frankreich von 1795 bis 1807 (Leipzig, 1881), I, p. 175: Pambasciutore Sandos Rollin al re di Prussia, Parigi, 28 febbraio 1798.