Rassegna storica del Risorgimento

CAMPI DI CONCENTRAMENTO GERMANIA
anno <1982>   pagina <388>
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Vittorio E. Giunlella
tivamente e fortemente determinato prese di coscienza di fronte alla lotta su­prema che il paese stava affrontando. Chi nella Brescia del '43 si richiamava alle Dieci Giornate del 1849 sapeva molto bene quale eco potessero avere le parole Bresciani, ricordate le Dieci Giornate. IL nemico è sempre quello ;5) così come coloro che a Roma e a Venezia (e forse anche in altre città) scrive­vano sui monumenti a Garibaldi A Pe', ce risemo! , oppure Bepi, i xe tornai! .
Non si può negare che i temi risorgimentali non fossero anche nei lager nazisti utilizzati dai nuclei resistenziali interni per rinvigorire il morale degli internati militari di fronte alle ripetute richieste di adesione alle SS, alle forze armate della R.S.I., o di collaborazione volontaria allo sforzo bellico dell'in­dustria tedesca. Certe parole d'ordine , o certe scritte comparse nelle baracche potevano sapere di artificioso e retorico, ma avevano risonanze, che non si smen­tivano, anzi si accendevano vieppiù, quando l'internato, a tu per tu con la pro­pria coscienza, era chiamato a scelte, che potevano divenire eroiche. Così quel­l'ufficiale che, alla vigilia del rifinto di sottoscrivere una dichiarazione di colla­borazione con i Tedeschi, che gliela avevano ultimativamente richiesta, raffor­zava la propria decisione proprio con il ricordo dei martiri del Risorgimento: Mentre eravamo in attesa della nostra sorte, naturalménte le reazioni erano molto diverse; si pensava alla famiglia, si pensava al Paese [...] qualcuno pen­sava di fare una fine eroica [...] tra questi c'ero anch'io, naturalmente, che ricordando la lezione del Risorgimento pensavo : se debbo morire, morirò da eroe, e credevo di poter scrivere col sangue sul petto: "Viva l'Italia" [...] adesso c'è da sorridere a questo, ma in quel momento forse si sentiva vera­mente, si viveva veramente l'atmosfera da martiri di Belfiore .6) Non c'è da sorridere; c'è solo da ammirare, perché chi fa queste affermazioni, che possono sembrare ingenue reminiscenze scolastiche, la mattina dopo, con altri quaran­taquattro, che avevano opposto il medesimo rifiuto fu rinchiuso nello Straflager di Unterluss, nel quale non tutti sopravvissero.
Mantova e la valletta di Belfiore (che vide nuove vittime durante la Resi­stenza e proprio presso il cippo, che ricorda il martirio di Tazzoli) suscita altre volte presagi di sventura, che si vorrebbero allontanare: A me quel nome di Mantova aveva fatto una bruttissima impressione. Sarà stato forse per via di Radetzki, del Quadrilatero e dei martiri di Belfiore ,8) ma era pur sempre un accostamento significativo.
La catastrofe dell'8 settembre provocò in coloro, che ne subirono diretta­mente le peggiori conseguenze, smarrimento, recriminazioni, interrogativi. Nel chiuso del lager, alla ricerca di idee forza per risalire dal fondo, con l'acuta sensazione, specie nei primi tempi, di essere abbandonati e soli, eppure di dover
5) Gif., da S. TRAMONTO!, Il Clero nella Resistenza* Studi compiuti e vicende da av­viare, in Civita, 1975, pp. 21-34.
3) Testimonianza di Montagano per una trasmissione televisiva.
Ricordo che nel centenario degli impiccati di Belfiore trovandomi a visitare il Museo mantovano del Risorgimento, davanti a una forca rimbeccai un reduce, e valoroso, dell'altra guerra, il quale opponeva all'eroismo dei cospiratori del 1853 il disinteresse delle ultime generazioni, ricordandogli che vi era stato ancora chi aveva preferito la forca tedesca al disonore. Pensavo al mio amico Ignazio Vian impiccato in corso Vxnzaglio a Torino nella primavera del 1944.
Ti Campo di punizione sotto la giurisdizione delle SS.
9 G. CAROCCI, Il campo degli ufficiali, Torino, 1954, p. 35.