Rassegna storica del Risorgimento

CAMPI DI CONCENTRAMENTO GERMANIA
anno <1982>   pagina <389>
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Il Risorgimento nei Lager 389
combattere con onore e a qualsiasi prezzo una battaglia, che appariva inderoga­bile e ardua, il richiamo del Risorgimento (inteso come lotta contro il te­desco , con la estensione che al termine si era data nell'Ottocento e che per noi era ancora più rigida) si sostanziava di motivi etico-politici diversi e con­vergenti. Innanzi tutto eravamo dei deportati e, perciò, sentivamo l'esulato del Risorgimento come una condizione alfine anche se il nostro era uno sradica­mento ancora più brutale, poiché ci accomunava un'identica passione di libertà e di fierezza nazionale. Ci appropriavamo, per questo, di quel verso di Dante, che anche gli esuli dell'Ottocento avevano amato: L'esilio, che m'è dato onor mi tegno >. Qualcuno l'aveva scrìtto sotto un ritratto del poeta in una baracca di Deblin, in Polonia, e tutti lo ripetevamo compiacendoci.9) Così come ci erano cari (e questi li sentivamo più nostri, proprio perché appartenevano alla raf­figurazione tradizionale, anche pittorica, dell'esute risorgimentale) i versi di Berchet: Sempre ha nel nel cuor l'Italia sebb'anche oblia chi l'ama e carità con cento memorie lo richiama . Su pezzetti di carta erano ricopiati e si diffondevano, trovando ascolto e risonanze, con questi altri versi del poeta milanese: Gusti anch'ei la sventura e sospiri l'Alemanno i paterni suoi fuochi ma sia invan che il ritorno egli invochi ma qui sconti dolor per dolor [...] Questa terra ch'ei calca insolente questa terra ei la morda caduto a lei volga l'estremo saluto e sia il lagno dell'uomo che muor ; e, evidente­mente, i due celebri versi del Giusti: Sotto il tallon dei forti giace il tedesco estinto . Ma qui si apriva la lunga serie delle invettive: Vogliamo che ogni figlio d'Adamo conti per uomo, e non vogliam tedeschi Vogliamo i capi col capo; vogliamo leggi e governi, e non vogliam tedeschi [...] Vogliamo tutti, quanti siamo l'Italia, Italia e non vogliam tedeschi . Versi, che, ripeto, circolavano clandestini su foglietti,10) ma che non ci si azzardava a declamare pubblicamente in quelle, che, pomposamente, si chiamavano Serate cultu­rali, alle quali presenziava in prima fila il censore tedesco, che, inoltre, aveva già esaminato il copione. In queste era già un atto di coraggio dire il Parla­mento carducciano e mai accadde che il censore avvertisse quel che c'era sotto il fragoroso applauso, che accoglieva le parole: fan Pasqua i lurchi nelle lor tane e poi scendono a valle e qualche volta ci si spingeva a trasformare quel che veniva prima in la primavera in fior mena ai Tedeschi si come è d'uso . In ogni caso era questa versione, sottintesa o espressa, che scatenava l'entusiasmo.In
9) Improvvisate a Lecturae Dantis , che ebbero molta fortuna quando le forze fisiche erano ancora intatte, avevano un uditorio attento e silenzioso, accovacciato in un angolo di baracca, al riparo di possibili incursioni della Gestapo: esuli a tu per tu col grande esule, fieri nel loro sdegnoso atteggiamento politico, a tu per tu col grande Gerissimo ita­liano, che preferì l'esilio ad un disonorante ritorno . (D. ARE, Nebbia e girasóli, Roma, 1973, p. 77). Era inevitabile che la rilettura, in quelle condizioni, della Divina Commedia, portasse ad attualizzare passi, come quello dei sommersi nella palude Stigia: e Io vidi gente sotto infìno al ciglio; e il gran Centauro disse: Ei son tiranni ohe dier nel sangue e nell'aver di piglio quivi si piangon gli spietati danni . Li cita Guurcschi a proposito di una Lee tura Dantis , sotto la data del 3 giugno 1944. (G. GUAHESCHI, Diano clan­destino, Milano, 196815, p. 87). I versi sull'esilio sono nella canzone Tre donne intorno
al cor .
,0> Uno di questi foglietti, che avevo carissimo, mi fu richiesto per l'Esposizione di Torino nel 1961 e non l'ho più riavuto.
,n Altra poesia di Carducci per noi significativa era Piemonte . (D. AKE, op. cit.,
p. 103).