Rassegna storica del Risorgimento

CAMPI DI CONCENTRAMENTO GERMANIA
anno <1982>   pagina <393>
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II Risorgimento nei Lager 393
tani e desolati campi della Polonia, dove erano stati liquidati i russi) nella stragrande maggioranza opposero un rifiuto massiccio alle varie e ripetute (fino agli ultimi giorni della guerra) richieste di collaborazione. Deve essere ricor­data e meditata, in particolare, la grande dignità e fermezza del rifiuto della massa dei soldati e la loro reazione anche alla riduzione a lavoratori civili , che, di fatto, toglieva l'ultima garanzia della condizione di militari. Le stel­lette, simbolo di una disciplina sofferta e non amata, divennero allora un or­goglioso patrimonio da difendere. In questo quadro i ricordi del Risorgimento entravano certamente, ma soprattutto in coloro che erano in grado di rievo­carli, specie se erano vissuti in luoghi dove gli episodi di partecipazione popo­lare alla lotta per l'indipendenza avevano lasciato una traccia duratura, come il *48-'49 lombardo, veneziano, o bresciano; la difesa del forte di Osoppo; il combattimento della Montagnola a Bologna... Più generali, perché coinvolge­vano tutti, a nord e a sud, erano i ricordi diretti, o trasmessi, della prima guerra mondiale, l'ultima guerra del Risorgimento , che aveva lasciato anche nel linguaggio corrente il segno di un profondo contrasto con il tedesco sul fronte e nelle zone al di là del Piave. Il Risorgimento aveva, quindi, una di­versa evidenza, non di primo piano, in coloro, che, per la loro formazione e origine, erano meno sensibili a stimoli culturali lontani.
Vi sono dei curiosi, e significativi, vuoti in questa memoria del Risorgi­mento nel lager. Ad esempio molto vaghe erano le reminiscenze mazziniane, anche in quegli ufficiali (e meno ancora nei soldati, a quanto è dato di cogliere nei loro racconti) di tendenza repubblicana. Io stesso ho ritrovato in un mio quaderno, dove annotavo quel che mi pareva interessante delle mie letture prima e durante la prigionia, solo qualche passo degli scrìtti di Mazzini, riguar­danti, in genere, l'attività e l'urgenza della questione sociale. Non ricordo di dove l'abbia presi; forse, in parte dal citato volume del Salvatorelli, perché non circolavano nei campi, che abitai, volumi della edizione nazionale e neppure an­tologie mazziniane. È ripeto, singolare, questa scarsa presenza mazziniana nel nostro ricordo del Risorgimento; al più da Mazzini ci veniva la sollecitazione a collocare l'Italia, che volevamo ricostruire, in una Europa solidale e unita. Ma avevamo troppo patito per l'esasperazione dei nazionalismi, nostri e altrui, per consentire al concetto mazziniano di una missione particolare dell'Italia, mentre una iniziativa italiana non riuscivamo a identificarla nel contrasto tra le grandi potenze. Ritenevamo, però, che, oltre le sciagure e le disfatte, si po­tesse sperare in una ripresa della sua opera di civiltà. Sembrava che questa nostra speranza fosse bene espressa in alcune pagine delle Confessioni dì un Italiano del Nievo (altro libro che ebbe una sua fortuna nei campi) e, soprat­tutto, in quel brano del sedicesimo capitolo che inizia: Quanto sei bella, quanto sei grande o Patria mia e termina con parole, che, allora, non si po­tevano leggere senza commozione: A cercarti dentro di noi, intorno a noi, tu nascondi talora per vergogna la fronte; ma te la rialza la speranza, e gridi che delle nazioni del mondo tu sola non moristi mai .21)
Ancora più sorprendente di quella dì Mazzini è l'assenza da questa me­moria del Risorgimento, che avevamo nei lager, dell'eroe più popolare, Gari­baldi. Ho detto che si conosceva abbastanza l'inno di Mameli e lo si sapeva
20) J)ei tanti episodi si veda quello narrato da D. LUSBTTI, Lager IX. Diario di pri­gionia, Brescia, 1967, pp, 35-86
20 Nell'edizione ricciardiana (Milano-Napoli, 1952), a p. 582.