Rassegna storica del Risorgimento

CAMPI DI CONCENTRAMENTO GERMANIA
anno <1982>   pagina <397>
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Il Risorgimento nei Lager 397
scente fino in fondo? Si vorrebbe rispondere affermativamente e alcuni episodi di fermezza fino al sacrificio della vita, così come ostinatamente durò fino alla liberazione il no alla collaborazione, ci conforterebbero a una simile ri­sposta. Bisogna, però, tener presente che, se dinanzi a decisioni fondamentali lo spirito rimaneva intatto, negli ultimi mesi la fame, la miseria fisiologica, raggravarsi delle condizioni di vita nei campi, assorbirono le residue energie in una lotta disperata di sopravvivenza. Si fa presto a dire fame ha intitolato le sue memorie Piero Calefìi30} per far capire che la fame nel lager fosse osses­siva e quotidiana presenza, incomprensibile a chi non l'ha provata. La libera­zione giunse mentre lo stato di decadenza fisica minacciava di divenire irrever­sibile. In queste condizioni, il riuscire ancora a leggere, a pensare ad altro che al cibo, lo scrivere, o il parlare fu privilegio raro di qualcuno, il cui spirito contrastava visibilmente alla distruzione del corpo.31) Lo stesso risveglio reli­gioso, fenomeno esteso nei primi tempi dell'internamento e sorretto da grande spirito di libertà,32* decadde nella massa a bisogno primordiale di protezione e rifugio e a forme superstiziose degradanti. C'è una melanconica pagina del Diaria clandestino di Guareschi, intrisa di un pessimismo plumbeo come il co­lore dei cieli settentrionali: Qui anche l'appendere ad asciugare un po' di bucato è un atto di fede perché il tempo è instabile come l'umore di questi altri stracci messi qui a rasciugarsi dopo il lavaggio nel fiume del dolore, che doveva essere un bagno purificatore: un barlume di sereno, poi livida e piagnucolosa tetraggine gonfia di rimpianti, di riserve, di risentimenti e d'apprensioni. E sperare in una resurrezione spirituale di questa gente è vano atto di fede. Spiove e la gente ritorna fuori. II campo è chiazzato di pozzanghere e in esse si specchia l'irrimediabile fallimento della borghesia italiana, vestita di cenci e di grettez­za >. C'è però da osservare che questa folla rivestita di stracci e di grettezza si ostinava a non cedere.
Non tutti i giorni del lager risuonavano delle note dell'inno di Mameli, o dei cori di Verdi, dei versi di Dante, o degli incitamenti di Berchet, di Giusti, o dell'Azeglio. Dice il Quelet che c'è un tempo per piantare e un tempo per
29) Non posso dimenticare la mattina gelida e senza speranza dell'inverno '44-45 (i tedeschi avevano sfondate le linee alleate nelle Ardenne e i loro bollettini cantavano vit­toria) quando un gruppetto della mia baracca venne a pormi la domanda: ce Spiegaci perché dobbiamo restare nei reticolati . Credetti che fossero sul punto di cedere, o che fossero impazziti (fenomeno che si era già manifestato) e, invece volevano soltanto che ricapitolassi loro i motivi fondamentali della nostra resistenza. Erano dei giovanissimi ventenni, meri­dionali, rimasti per tutti quei mesi senza notizie e aiuti, da casa e si rivolgevano al tren­tenne capobaracca perché li aiutassi a resistere un giorno di più, a resistere alla ten­tazione di correre a depositare nella cassetta, che i tedeschi avevano collocato in un angolo discreto del campo, la domanda di adesione.
30) p. CALBFFI, Si fa presto a dire /ante, Milano, 1967. È superfluo che io, citando il libro di Caleffi, ricordi quanto incomparabilmente più micidiali fossero i campi dei depor­tati politici e degli ebrei. Ma la fame aveva ridotto anche gli internati militari a schèletri ambulanti, mentre il fenomeno dei ce mussulmani era apparso anche da noi, sebbene la denominazione, che li distingueva nei campi di annientamento, fosse sconosciuta.
31) Se si vuole un quadro molto sincero della decadenza finale dell'attività, diciamo cosi, culturale e spirituale, cosi vivace nei primi mesi, si vedano le ultime pagine del citato diario di Diego Are.
32) Ne fanno fede i rapporti fraterni con il piccolo gruppo di protestanti presenti nei campi di Sandbostel e Vietzendorf.
33) G. GUARESCHI, op. off,, p. 91 (28 giugno 1944).