Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <404>
immagine non disponibile

404
Carlo Jean
Questa prevenzione nei confronti dei volontari era destinata a dorare. Nel 1909, sulla Rivista Militare, si affermava che I volontari si possono in sostanza definire una rappresentanza concessa all'elemento popolare e uno scaricatoio opportunissimo delle correnti rivoluzionarie . La diffidenza, se non l'ostilità di Cadorna nei confronti dei volontari, soprattutto di quelli provenienti dal­l'interventismo democratico, derivano dal medesimo orientamento. Non utiliz­zando adeguatamente il potenziale offerto dai volontari, come era invece stato fatto nella guerra del 1859, l'esercito italiano perdeva qualcosa, allontanandosi sotto certi aspetti dagli elementi patriottici più. attivi e dinamici e al tempo stesso dalla società nazionale. Non poteva poi svolgere adeguatamente quella funzione di nazionalizzazione delle masse, fondamento della coesione nazionale in altri paesi europei e la cui mancata attuazione pesa grandemente sui nostri ordinamenti e costumi anche civili.
H volontariato democratico fu protagonista di talune delle migliori pagine militari del Risorgimento: dall'insurrezione di Milano, alle difese di Venezia e di Roma e alla spedizione dei Mille. Garibaldi fece uscire il volontariato dal suo slancio romantico e disordinato per farlo divenire qualcosa di serio e di consistente. I suoi reparti non erano bande, ma forze dotate di una certa orga­nicità e disciplina. Spesso il termine garibaldinismo e alla garibaldina sono diventati sinonimi di faciloneria ed avventurismo. In realtà Garibaldi non agiva alla garibaldina . Era un profesisonista serio e preparato, dotato di un'enorme capacità di semplificazione e di decisione.
La tradizione del volontariato si nutrì della figura e del mito di Garibaldi e sopravvisse alla sua scomparsa. È una nobile malattia nazionale , 3 che ha radici ben più profonde di quanto lo stesso Garibaldi credesse, poiché corri­sponde evidentemente a certi aspetti del carattere italiano. IL garibaldinismo ha raccolto il senso latente di universalismo, di missionarismo e di umanita­rismo vivo nell'intera cultura risorgimentale, da quella cattolica di Gioberti a quella laica di Mazzini, entrambi convinti sostenitori di una missione sovrana-zionale dell'Italia; perciò, il loro senso di nazionalità secondo alcuni malau­guratamente non si trasformò mai in un più o meno sacro egoismo nazionalistico, come capitò e capita in altri paesi. Tale tendenza, che conobbe i suoi momenti più significativi nella partecipazione di volontari italiani, in Europa e in America Latina, alle guerre di liberazione nazionale dell'Otto­cento,6) si esaurì con l'azione del Reggimento di marcia della Legione Straniera nelle Argonne e con il volontariato democratico della Prima Guerra Mondiale. Anche in seguito, in particolare nel primo dopoguerra, nella guerra di Spagna e nella Resistenza, così come nel campo contrapposto, molte formazioni volon­tarie assunsero la denominazione di garibaldine e si rifecero al mito del gene­rale nizzardo. Tuttavia, solo marginalmente possono essere considerate eredi dirette del garibaldinismo dell'Ottocento e del primo Novecento.
La tradizione volontaria continua ancora oggi seppure con manifestazioni solo verbali. Come nota Ludovico G a miccio, l'Italia è portata ad esprimere la sua
4) G. PORTA, 1 volontari, in Rivista Militare, ottóbre 1909, p. 2025.
5) A. VALORI, Garibaldi, Torino, Utet, 1941, p. 251,
6) Oltre a quelle già ricordate, meritano un ricordo speciale la spedizione di Fran­cesco Nullo in Polonia; lo stesso intervento di Garibaldi in Francia nel 1870; l'intervento di una legione garibaldina di 2000 uomini in Grecia nel 1897, con la morte del deputato Fratti a Domokos; la partecipazione di Rieeiotti Garibaldi alla prima guerra balcanica e la costituzione di repartì garibaldini in Francia nel 1914.