Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <406>
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Carlo Jean
per le spicce. Ricorreva senza esitazione ad esecuzioni sommarie, benché fosse in linea di principio contrario alla pena di morte.
Nella situazione concreta dell'Italia del Risorgimento non era possibile una guerra per bande di lunga durata, mirante ad effetti decisivi come nella manovra per esaurimento proprio della moderna guerra rivoluzionaria. La guerra per bande, quando fu praticata da Garibaldi, fu molto più simile alla piccola guerra delle truppe leggere del Settecento che alla guerriglia moderna e fu sempre collegata con operazioni di tipo regolare. Ciò avvenne con l'impiego di nuclei irregolari e di esploratori a cavallo nella ritirata da Roma nel 1849 e nell'impresa dei Mille, nonché con quello delle Guide con i Cacciatori delle Alpi nella campagna del 1859. Fu così anche con l'invio sul continente, dopo la conquista della Sicilia, di piccoli distaccamenti, allo scopo di creare scom­piglio nelle difese napoletane e provocare l'insurrezione nelle Calabrie a pre-messa dello sbarco dell'esercito garibaldino.9* Era a quest'ultimo, però, e non alle bande che era affidato il ruolo fondamentale. Solo nella campagna del 1870 in Francia Garibaldi pensò di organizzare, con i corpi franchi , una siste­matica guerra per bande nelle retrovie prussiane. Si trattava, però, nel suo disegno operativo iniziale, non di bande irregolari e improvvisate, ma di bande organizzate con metodo, come reparti organici e con una dottrina d'impiego ben definita. Anche in questo caso, però, la situazione lo portò a rovesciare rapida­mente i propri intendimenti iniziali Allorquando si avvide che i franchi tira­tori repubblicani erano poco efficienti, Garibaldi raggruppò le bande in brigate, cioè in formazioni regolari, destinate a condurre operazioni tradizionali, che finirono per dare un rendimento, in complesso, del tutto soddisfacente.
Le operazioni di Garibaldi furono influenzate dalle sue esperienze guerri-gliere e conservarono sempre tale impronta originaria. Tipico al riguardo il già menzionato impiego di guide a cavallo e di nuclei irregolari , spinti a raggiera su tutte le direzioni per evitare sorprese e per mantenere il nemico incerto sulla linea di azione e sulla consistenza delle forze garibaldine. Tipici anche i ripiegamenti e i giri imprevisti e le diversioni improvvise, di cui nep­pure i suoi più stretti collaboratori erano informati; le soste diurne e le marce forzate notturne; la costante ricerca della sorpresa e la rapidità di mosse e di movimenti, utilizzati come veri e propri moltiplicatori di potenza. L'esaltazione della mobilità fu criticata aspramente da Pisacane, che accusava Garibaldi di esaurire i suoi uomini in inutili marce forzate, disperdendo le sue forze e lasciando i più deboli per strada, incurante di quanto potesse loro capitare. Criticava in particolare la condotta delle operazioni nel Varesotto nel 1848, allorquando Garibaldi, partito con un migliaio di uomini, riusci a riparare in Svizzera con solo una trentina, o la ritirata da Roma, che vide le sue forze ridursi da oltre 4500 uomini a circa trecento. Indubbiamente, Garibaldi non andava molto per il sottile e aveva la smobilitazione un po' facile. Ma ciò gli era imposto dalle circostanze.
A questa condotta operativa estremamente elaborata, tipica dell'approccio indiretto a cui Garibaldi era costretto anche dall'inferiorità numerica delle proprie forze, corrispondeva una tattica estremamente semplice e sbrigativa:
9) RUSTOW (già Capo di Stato Maggiore della 15' divisione dell'Esercito meridionale a Capua), La petite guerre, Parigi, Iibraire Miliudre, 1869, p. 268, e G. CADOLINI (uffi­ciale garibaldino e poi deputato al Parlamento italiano), Garibaldi - L'Arte delia guerra, Roma, Ed. Castagna, 1902, p. 33.