Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <407>
immagine non disponibile

Garibaldi e il volontariato
407
aspettare che il nemico si avvicinasse, poi fare una scarica tutti assieme e attaccare alla baionetta col maggiore impeto possibile. Procedimento imposto, quasi sempre, anche dalla disparità delle armi( vecchi i fucili e poche le muni­zioni, scarso o mancante l'apporto dell'artiglieria) e dell'addestramento, cui si poteva supplire solo con l'entusiasmo di una carica apparentemente forsennata. La decisione ultima è del freddo acciaio, sosteneva Garibaldi. In effetti, Garibaldi sottovalutò sempre, non so se proprio per convinzione o perché co­strettovi dalle circostanze, l'importanza del fuoco rispetto all'urto. Sottovalutava anche le perdite, spesso molto rilevanti, subite dai suoi volontari, come accadde ad esempio nei disperati attacchi a Villa Corsini del 3 giugno 1849, in cui perse molti dei suoi migliori seguaci, o, come era capitato a Costa Brava e a Sant'Antonio, dove rispettivamente due terzi e metà dei suoi uomini erano rimasti uccisi o feriti.
La sorpresa per Garibaldi sostituisce il numero, l'audacia la povertà di mezzi. L'iniziativa è la legge, pur temperata da un acuto senso pratico e dal calcolo rapido e sicuro delle probabilità strategiche e tattiche. Del vero capo ha anche la sensazione esatta del valore dell'esempio personale e della solida­rietà con i dipendenti nel rischio, nel sacrificio e nelle privazioni. Talune sue frasi, a parer mio, vanno ricordate. Esse sono emblematiche delle convinzioni e della personalità di Garibaldi condottiero.10) Trovandoti attaccato devi reagire tanto più decisamente quanto più la tua forza è inferiore . In tutta la mia vita ho sempre creduto che è meglio picchiare sodo, anziché accovacciarsi . Non affrontare mai forze maggiori e non vergognarsi mai di schiacciare le inferiori . Suddividere gli uomini per nutrirli e ricoverarli, adoperarli uniti quando si tratta di un fatto serio . In guerra è vinto chi si immagina di esserlo; Non disperare mai; ecc., ecc.,
Lo stesso ordinamento garibaldino corrispose costantemente a tali esigenze strategiche e tattiche. I reparti erano molto piccoli e leggeri e l'equipaggia­mento al seguito ridotto all'essenziale (era di una decina di chili inferiore a quello dei soldati regolari), per facilitare la semplicità delle marce e l'agilità nel combattimento e per realizzare quella immediatezza operativa che, come mette giustamente in evidenza Egidio Liberti n) costituisce la caratteristica fon­damentale di Garibaldi condottiero. In questa sua estrema duttilità nell'adeguarsi alla situazione del momento e nel trarre il massimo rendimento dalle forze a disposizione, ricorrendo a tutte le tecniche di lotta e applicandole spesso con­temporaneamente nella medesima operazione, Garibaldi fu costantemente fedele al * principio della massa , mutuato da tutta la tradizione giacobina e in cui si sente l'influsso anche di Pisacane e di de Cristoforis. Come ricorda Cadolini,i2i Garibaldi diceva frequentemente, chiudendo il pugno: Bisogna formare il fascio romano , intendendo con questo l'esigenza di agire con tutte le forze riunite. Questo principio conferiva unitarietà a tutta la sua azione. Ad esso attribuiva un significato non solo materiale, ma anche morale e psicologico, come mezzo per rafforzare le valenze sociali che mantenevano la coesione delle sue forze. Esso è all'origine dell'intraprendenza manovriera e dello slancio aggressivo del generale nizzardo.
10) MARIO CONTI, L'arte militare di Garibaldi, in Révue Internationale d'Histoire MUUaire, n. 10 (1951), p. 165 sgg.
H) E. LIBERTI, Tecniche della guerra partigiana nel Risorgimento, Firenze, Giunti-Barbèra, 1972, p. 225.
12) G. CADOLINI, Garibaldi - Varie della guerra, cit., p. 4.