Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <408>
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Carlo Jean
La capacità di tradurre in pratica tale principio, nel punto giusto e al momento necessario, facendovi convergere le sue agili forze attraverso movi­menti apparentemente dispersi e sconcertanti come nella diversione di Cor-leone, singolare stratagemma di guerra che allontanò da Palermo le migliori truppe borboniche e che consenti ai garibaldini di piombare inaspettatamente sulla città da sud-est lo pone fra i grandi capitani. Le critiche più o meno malevoli che gli sono state rivolte, furono ispirate spesso dall'invidia per i suoi successi. Contro quella che egli vinceva perché non rispettava le regole dell'arte della guerra, dato che le ignorava, è nota l'arguta osservazione di Cadolini, i critici di Garibaldi sostengono il singolare paradosso che la nega­zione dell'arte possa valere più dell'arte stessa. u> Indubbiamente, Garibaldi non era un dottrinario, né un teorico. Aveva, però, un acuto senso pratico. Le sue capacità operative erano state sviluppate dalla inferiorità materiale in cui si trovò costantemente ad agire e dall'esperienza accumulata nella lunga scuola di guerra guerreggiata, che le vicende della vita gli avevano riservato. In sostanza, Garibaldi ricorse ad una ricca pluralità di tecniche operative e si distinse, più che nel combinare assieme le operazioni classiche con quelle non tradizionali, nel condurre le prime con lo spirito delle seconde, al di fuori di ogni scolasticismo. Considerava la guerriglia importante, ma non in grado di conseguire risultati decisivi, anche in relazione alla situazione sociale, che impediva la mobilitazione delle masse popolari delle campagne,14J e all'esi­genza di ottenere rapidamente risultati decisivi, per evitare da un lato reazioni internazionali, dall'altro lo spegnimento del movimento guerrigliero per perdita di coesione interna o per l'intervento delle forze legittimiste. Garibaldi era ben conscio che in tali situazioni il tempo giocava a sfavore anziché a vantaggio della sua azione. Ricercava perciò al più presto lo scontro con le forze nemiche, come avvenne nella spedizione dei Mille. In tale occasione era infatti persuaso che parziali insuccessi, inevitabili nelle operazioni delle bande, gli avrebbero fatto perdere non solo il sostegno popolare, ma anche quello degli insorti sici­liani in rivolta contro i borbonici.
L'unico caso in cui Garibaldi effettuò in Italia un'operazione in un certo senso analoga a quelle teorizzate dai fautori della guerra per bande fu nel Vare­sotto, nell'agosto 1848, dopo l'armistizio di Salasco.
Come mette, però, giustamente in rilievo il colonnello Sardagna15) e come
per bande che, a difetto di eserciti, potrebbe preludere alla emancipazione della Patria . Ma presto la speranza muore e Io stesso Luciano Manara, in Piemonte con i suoi ce ber­saglieri lombardi in attesa della ripresa delle ostilità, depreca l'iniziativa di Garibaldi che avrebbe taglieggiato la popolazione, compromesso gli elementi nazionali e rischiato di mettere italiani contro italiani !
19 Ivi, p. 3.
14) Nei confronti dei contadini, Garibaldi usò talvolta parole molto dure e amare, dopo le delusioni avute nel corso delle operazioni nel Varesotto del 1848 e della ritirata da Roma nel 1849. Garibaldi scriveva nelle sue memorie riferendosi agli avvenimenti del 1848-1849: a Era necessario muoversi e cambiare posizione quasi ogni notte, per ingannare i nemici che, per sventura d'Italia, trovano sempre una massa di traditori disposti a far loro la spia, mentre a noi, anche con pugni d'oro, era liincile sapere esattamente dove fosse il nemico ; e a Non si lusinghino i nostri cittadini sugli abitanti delle campagne. Saranno sempre disposti a tradire la causa nazionale. Anche oggi (1872) succederebbe lo stesso (da A. Z., Verità ingrate sali'ordinamento militare italiano, Roma, Tipografia della Casa Editrice Italiana, 1895, pp. 29-30).
J5> F. SAIUMCNA, Garibaldi in Lombardia, cit., pp. 175-176.