Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <410>
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Carlo Jean
di non convocare l'Assemblea Costituente, ma di accettare l'annessione al Pie­monte e di mettersi a Teano con il sno esercito di volontari a disposizione del re, rinunciando a qualsiasi possibilità di azione autonoma. Ciò spiega ancbe il suo rifiuto di dirìgere nel 1857 la spedizione mazziniana, capitanata poi da Pisacane e conclusasi tragicamente a Padula e a Salsa, proprio per l'ostilità delle popolazioni contadine.
Nella seconda guerra d'indipendenza Garibaldi comandò i Cacciatori delle Alpi. Si trattava di circa tremila volontari, in uniforme ed inquadrati in for­mazioni analoghe a quelle regolari. Essi dovevano precedere le armate franco­piemontesi in Lombardia per attirare forze nemiche, per suscitare insurrezioni, per assorbire nuovi volontari e per dimostrare all'Europa la partecipazione popo­lare al Risorgimento e quindi l'inutilità di opporsi ad esso con iniziative diplo­matiche o militari. In un certo senso, era la guerra di popolo che legittimava la guerra regia.
Secondo taluni storici, il compito affidato a Garibaldi sarebbe stato voluta­mente disperato, nella speranza che i Cacciatori delle Alpi subissero qualcbe rovescio, screditando la partecipazione democratica alla guerra. Lo dovette pen­sare anche lui quando, dopo la vittoria di Varese, anziché spingersi in avanti ritornò verso il Lago Maggiore per assicurarsi una via di ritirata. In ogni caso è indubbio che Cavour, attraverso Garibaldi, mirasse a controllare i volontari, sottraendoli all'influsso mazziniano. Quando i Cacciatori delle Alpi stavano conseguendo successi troppo grandi, mettendo in ombra la guerra regia, a Ga­ribaldi fu ordinato di abbandonare il teatro d'operazioni principale e il suo intendimento di spingersi verso Trento e di raggiungere la Valtellina, in cui le sue forze rimasero inattive per il resto del conflitto.
Dopo la seconda guerra d'indipendenza e prima della spedizione dei Mille, Garibaldi, mentre con Fanti o meglio in contrasto con Fanti organizzava l'Esercito della Lega dell'Italia centrale sul modello piemontese, si fece promo­tore della sottoscrizione di un milione di fucili. Essi avrebbero dovuto consen­tire la leva in massa di volontari, allorquando la situazione internazionale avesse consentito la ripresa del movimento di unificazione e una nuova guerra contro l'Austria. L'intendimento di Garibaldi era quello di sostituire l'esercito perma­nente con un'organizzazione di tipo "nazione armata", che consentisse all'Italia di completare l'unificazione senza aver bisogno dell'appoggio delle potenze stra­niere e della diplomazia internazionale. Queste finalità furono da lui perseguite anche con il sostegno che diede alla Società nazionale di tiro a segno . Essa doveva promuovere l'addestramento militare dei cittadini, allargando la base del reclutamento dei reparti volontari. Evidentemente, gli ambienti ufficiali prima del 1861 erano estremamente preoccupati da tali iniziative, poiché pen­savano che Garibaldi volesse costituirsi un esercito personale.
Il capolavoro di Garibaldi resta la spedizione dei Mille, in cui mise in chiara evidenza non solo le sue qualità di condottiero, ma ancbe notevoli doti di realismo, adeguando progressivamente gli obiettivi e la condotta politico-strategica delle operazioni all'evolversi della situazione. L'azione garibaldina, pur nata dall'iniziativa del movimento democratico-mazziniano, fu sempre ispi­rata ad obiettivi di unificazione nazionale e mirò costantemente a non compro­mettere i successi conseguiti dal Piemonte con la seconda guerra d'indipendenza. Non tese a contrapporre una politica repubblicano-democratica a quella del par­tito moderato. In questo senso, l'impostazione politica generale della condotta di Garibaldi In volutamente ambigua, per consentirgli di utilizzare tutte le