Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <412>
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Carlo Jean
subito all'ammiraglio Persano, rinunciando così allo strumento essenziale che gli avrebbe permesso di proseguire le operazioni verso lo Stato Pontificio, obiet­tivo che gli aveva consentito di ottenere il pieno appoggio iniziale del movi­mento mazziniano, che con Bertani e Crispi pensava di trasformare la Sicilia in una vera e propria base di operazioni per i democratici.
La spedizione dei Mille dimostra chiaramente i limiti del Partito d'Azione e dell'effettiva partecipazione popolare al Risorgimento, nonché il realismo della condotta politico-militare dell'impresa da parte del generale nizzardo, che era ben conscio dello spazio politico in cui poteva muoversi. In primo luogo, i Mille erano reclutati in una base sociale estremamente ristretta. Più di metà erano possidenti o professionisti; un centinaio erano i medici. Il resto erano studenti, artigiani e qualche operaio. Sembra che uno solo fosse contadino. In secondo luogo, dominava, e questo era logico, l'elemento settentrionale. Oltre metà della spedizione era composta da lombardi. Ma tale prevalenza di volontari settentrionali si mantenne anche nell'esercito meridionale, almeno nel suo nucleo operativo centrale. In ottobre, esso ammontava a circa 53000 uomini, di cui 23000 sul Volturno, con ben 20000 settentrionali. Altri 7000 erano in Sicilia e 23000 nelle aree interne, impiegati in operazioni di controguerriglia e di man­tenimento dell'ordine pubblico.
In terzo luogo, la leva in massa fu un fallimento. Le bande costituite dai possidenti siciliani furono presto impegnate contro le bande costituite sponta­neamente dai contadini per occupare le terre demaniali e i latifondi padronali. Solo all'inizio i due tipi di bande collaborarono fra loro e con Garibaldi.
In quarto luogo, furono gli ufficiali e non i soldati a provocare il collasso dell'esercito borbonico. Allorquando i capi della marina napoletana decisero di consegnare le navi, i marinai si ammutinarono.19) Pochissimi furono i soldati borbonici che si unirono a Garibaldi. La maggior parte andò a casa e alimentò le formazioni guerrigliere che rapidamente si costituirono nelle aree interne. Tra l'altro, i soldati meridionali risposero appieno alla leva in massa proclamata dai Borboni e l'esercito di Francesco H aumentò di ben 20000 effettivi nel mese di settembre 1860, dopo che la spinta offensiva garibaldina si era esaurita sul Volturno, in particolare per l'insuccesso di Caiazzo, da un lato, e per la rivolta di Ariano Irpino, dall'altro.
In quinto luogo, l'impresa perse ogni carattere di guerra di popolo con l'impiego di garibaldini contro le rivolte contadine, come quella di Bronte, preludio del brigantaggio nel Mezzogiorno, e con la diserzione di gran parte dei volontari siciliani prima dell'attraversamento dello Stretto. I contadini sici­liani, che avevano visto inizialmente in Garibaldi l'occasione storica di una riforma sociale, approfittarono della disgregazione dello Stato borbonico per occupare le terre e sostennero la spedizione. Ma ben presto il loro atteggia­mento mutò completamente.
Per comprendere gli avvenimenti è interessante l'analisi della rivolta di Bronte e della sua successiva repressione, condotta prima dalla Guardia Nazio­nale di Catania e poi da Bixio. Il feudo di Bronte si sollevò contro i borbonici dopo lo scontro di Calatafimi alla guida di un avvocato Nicola Lombardo che era un liberale, già combattente nella rivolta del 1848, che proclamò imme­diatamente Garibaldi dittatore. Al grido di Viva Garibaldi i contadini che Io seguivano avevano occupato le terre della duchessa, uccìdendo parecchi suoi
15) Un'esauriente trattazione degli aspetti navali della campagna di Sicilia e con­tenuta nel volume di MAMANO GABRIELE, Da Marsala allo Stretto, Milano, Ghiffrè, 1961.