Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <413>
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Garibaldi e il volontariato
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fedeli. Quando Bixio arrivò a Bronte, la Guardia Nazionale di Catania aveva già domato la rivolto. Bixio, però, doveva dare un esempio, anche per dimostrare che 1 occupazione garibaldina non comportava il caos, ma era in grado di man­tenere 1 ordine pubblico. Fucilò quindi cinque rivoltosi e ne portò altri in car­cere a Catania sotto l'accusa di essere dei controrivoluzionari filoborbonici. Ga­ribaldi non solo avallò Fazione di Bixio, ma ne volle assumere l'intera respon­sabilità. Anche Mazzini approvò il comportamento dei garibaldini. In sostanza, quali che fossero i motivi delle violenze e dei disordini, Garibaldi non poteva permettere che continuassero. La repressione di Bronte può essere in un certo senso paragonato a quella degli egalitari da parte di Cromwell e di Robespierre o a quella del moto anarchico di Kronstadt, nel 1921 da parte di Lenin e di Trotski. Essi, al pari di Garibaldi, accusarono gli estremisti di sinistra, che vole­vano annientare, di essere dei controrivoluzionari. È la sorte comune di tutte le rivoluzioni allorquando devono stabilizzarsi ed evitare disastrose fughe in avanti.
I garibaldini,21 comunque, non erano affatto interessati a promuovere un assetto sociale duraturo, che avrebbe comportato inevitabilmente la realizzazione di riforme profonde. Vedevano nella Sicilia solo una base di operazioni e una sorgente di uomini e di mezzi militari e finanziari, necessari per il prosegui­mento dell'impresa liberatrice fino a Napoli, Roma e Venezia. Garibaldi emanò una serie di provvedimenti sociali tendenti ad ottenere l'adesione delle masse o quantomeno a neutralizzarle, mentre affluivano i volontari dal Nord, che da­vano vita ad un vero e proprio esercito da sbarcare sul continente. Le riforme di Garibaldi preoccuparono, però, enormemente i possidenti e la borghesia libe­rale. Questi ultimi erano i veri sostenitori di Garibaldi che appoggiavano con le bande costituite dai loro seguaci. Le conseguenze delle rivolte contadine furono molteplici. La guardia nazionale, mobilitato dagli elementi sia moderati, sia democratici, anziché rinforzare Garibaldi, dovette essere impiegato in blocco per mantenere l'ordine pubblico. Allorquando incominciò a diminuire l'afflusso di volontari dal nord, l'Esercito Meridionale perdette di slancio offensivo e si fermò sul Volturno.
Senza nuove forze Garibaldi non poteva domare i contadini, battere i bor­bonici e attaccare Roma. Questo dette un mese di respiro ai borbonici, che cer­carono di realizzare un piano ambizioso articolato su tre punti: rinforzare l'esercito; riprendere l'iniziativa nelle zone interne ricorrendo alla tradizionale sollevazione contadina di tipo sanfedista per schiacciare la rivoluzione liberale; attaccare frontalmente Garibaldi e riconquistare Napoli. I primi due punti del piano ebbero un successo travolgente. In particolare,22* il colonnello Klitsche de la Grange nella Valle del Liri e il generale Scotti-Douglas in quella del Volturno, partiti con poche centinaia di regolari, arruolarono migliaia di con­tadini e riuscirono a riaprire le comunicazioni con gli Abruzzi, ributtando gari­baldini ed insorti verso Avezzano e verso Benevento. Il 17 ottobre 1860, la colonna condotta da Francesco Nullo, uno dei migliori luogotenenti di Garibaldi, e costituita da 500 volontari settentrionali, dai Cacciatori dell'Etna, dai Caccia­tori Irpini e dalla Legione del Malese, fu quasi annientata nel tentativo di ricon­quistare Isernia. Questi successi borbonici non furono decisivi solo per l'esito
20) J. RIDLEY, Garibaldi, Milano, Mondadori, 1976, pp. 555-556. Zi) R. ROMEO, Il Risorgimento in Sicilia, oit., p. 362.
22) p MOLFESE, Lo scioglimento dell'esercito meridionale garibaldino, in Nuova ri­puta storica* I960, n. 1.