Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <415>
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Garibaldi e il volontariato
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perdeva con l'esercito meridionale la possibilità di evitare lo sviluppo su ampia scala del brigantaggio soffocandolo subito con energia, e veniva scavato un solco profondo fra paese legale e paese reale o, per meglio dire, fra le due componenti, entrambe elitarie, che avevano guidato il processo di unificazione nazionale.
Lo scioglimento dell'Esercito Meridionale costituisce un fatto della mas­sima importanza per la successiva storia d'Italia e delle sue Forze Armate. Esso costituì la premessa per l'adozione dell'ordinamento Fanti del 1861, che era sostanzialmente quello di un esercito dinastico o, come si diceva allora, di ca­serma. Secondo alcuni quella fu una grande occasione mancata, che limito grandemente la possibilità di un vero rinnovamento sia della Nazione, sia del-1 Esercito. Influirono al riguardo lo spirito corporativo s> dell'Esercito rego­lare, ma soprattutto preoccupazioni di carattere politico. Il problema dell'ordi­namento militare, nota Salvemini, a> è in effetti un problema di ordinamenti scolastici e di libertà interne. Non esistevano in Italia le condizioni per adot­tare un'organizzazione tipo nazione armata . Essa avrebbe dovuto trovare le sue premesse in una riorganizzazione della società, che la classe dirigente del nuovo Regno riteneva inaccettabile o quantomeno impossibile da attuare in tempi brevi, non solo per una rigida difesa dei propri interessi e del proprio potere, ma anche per l'incombere di minacce interne ed esterne, che mettevano in forse l'unificazione così fortunosamente raggiunta. Non è d'altra parte possi­bile pensare che un governo possa accettare l'esistenza di organismi militari, quali l'Esercito Meridionale, non sottoposti ad un suo completo controllo e informati a principi e ad obiettivi propri dell'opposizione. Nessun governo avrebbe potuto o potrebbe accettare un simile fatto. Indubbiamente, lo sciogli­mento dell'Esercito Meridionale,24) pur necessario per evitare un dualismo militare, fu condotto dai militari piemontesi con durezza eccessiva e in modo brutale, in maniera cioè ben diversa dal gradualismo che avrebbe voluto il conte di Cavour. Tale brutalità scavò un solco fra i moderati e la parte dei democratici che era disposta a collaborare pienamente con il nuovo regno.
La smobilitazione così affrettata fu anche dovuta ad una profonda sottova­lutazione del pericolo rappresentato dalla rivolta contadina nelle regioni meri­dionali. Benché i moderati fossero in disperata carenza di effettivi, perché il grosso dell'esercito doveva rimanere sul Po e sul Mincio a fronteggiare l'Austria, con lo scioglimento dell'Esercito Meridionale, che dopo Teano non costituiva politicamente più un pericolo, si privarono di una robusta forza militare utile per domare subito il brigantaggio prima che si diffondesse. Tra l'altro, taluni ex-garibaldini meridionali, in odio ai piemontesi, si unirono alle bande antiuni­tarie. Una assimilazione più progressiva ed indolore dell'Esercito Meridionale in quello regolare avrebbe invece consentito ai moderati di raggiungere i loro obiettivi senza tali inconvenienti. Quella fu veramente l'occasione mancata per fondare su basi diverse, di minor chiusura verso l'elemento democratico e popo­lare l'ordinamento del nuovo esercito nazionale. Ne soffrì l'intero spirito mili­tare della nazione e quindi la coesione dell'Esercito e la stessa collocazione delle istituzioni militari nella società civile. Altrove , scriveva un anonimo alto ufficiale alla fine del secolo scorso, gli eserciti hanno il loro ruolo ricono­sciuto nella politica del paese e compiono le loro funzioni superbamente e incon-
23) (J. SALVEMINI, Scritti sul Risorgimento, Milano, Feltrinelli, 1963, p. 387.
24) jp, MOLFESE, Lo scioglimento, cit.