Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; VOLONTARIATO
anno <1982>   pagina <417>
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Garibaldi e U volontariato
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non alla opposizione dei più.26) Questo spiega anche il fallimento dell'idea di fondare l'ordinamento militare sul principio della nazione armata, che fece di Fanti e non di Garibaldi il fondatore dell'esercito italiano.
Il punto debole del movimento democratico era proprio quello di sostenere il mito della nazione armata, della guerra di popolo e della guerra per bande, senza avere la possibilità politica, prima ancora che militare, di tradurlo in programmi concreti, realizzabili nella realtà italiana. Questo lo condannava inesorabilmente al fallimento di fronte ai programmi ben più concreti del par­tito moderato e al realismo inesorabile della ragion di Stato di Cavour. Co­munque, le due strategie quella di Mazzini e quella di Cavour pur con­trapponendosi, finirono per comporsi nei momenti cruciali del Risorgimento e per concorrere entrambe all'unificazione nazionale. Ad esempio, l'impresa dei Mille consentì di superare la situazione di stallo determinatasi dopo Villafranca.
L'assenza di una vera e propria guerra di popolo è rimpianta da molti. Taluni lamentano che sia mancata alla formazione dell'Italia una grande rivo­luzione (come d'altronde, fino al primo conflitto mondiale, è mancata anche una grande guerra non solo sofferta ma anche sentita da tutte le forze politiche e da tutti i ceti sociali), che avrebbe fondato il nuovo Stato su più solide basi. Altri sostengono che la mancata adozione da parte dell'Esercito di un ordina-
2fl Ivi, pp. 39-43, 51. a L'esercito vegeta isolato, ignorato e rassegnato, perché privo del soffio animatore della nazione . (Cfr. in proposito anche D. BARTOLI, Gli anni della tempesta, Roma, Edizione Nuova, 1981, pp. 87-88). Da questo fatto l'anonimo Autore del singolare ed interessantissimo saggio, deduce che la disciplina, cemento dell'esercito, non ha potuto essere che una disciplina passiva, basata sulla paura e sull'interesse, anziché sulla cultura, lo sviluppo della personalità dei dipendenti e sull'onore militare che nes­suno può offendere impunemente, neppure i capi . Il Governo non poteva volere e coltivare la disciplina attiva, continuando a posare sull'inevitabile base che lo reggeva e lo regge (pp. 57-60). La costituzione oligarchica dell'esercito piemontese e l'impor­tanza delle armi dotte (artiglieria e genio), che hanno continuato a mantenere il loro predominio, monopolizzando le principali cariche, pur essendo <c costituzionalmente insuf­ficienti per formazione e mentalità a risolvere le questioni militari intimamente legate alle politiche (p. 114), hanno fatto il resto, per cui Ardisco affermare che nell'esercito si volle sempre, come criterio dell'agire, imporre la volontà personale del superiore e questo molto al di sopra d'un principio morale purchessia. Ardisco affermare che il rispetto alle leggi e ai regolamenti si tiene inferiore al volere dei capi. Ardisco affermare che il sistema educativo è racchiuso in quella frase assai comune: legar l'asino dove vuole il padrone (pp, 148-149). È un'analisi per molti versi stimolante, anche per la comprensione di molte delle attuali difficoltà, chiaro sintomo del malessere e della crisi dell'esercito alla fine del­l'ottocento* che diede luogo al cosiddetto ce modernismo militare . (Cfr. in proposito UF­FICIO STORICO S. M. ESERCITO, L'Esercito Italiano dal 1861 al 1914, Roma, 1981).
27) Le proposte di mutare integralmente l'ordinamento dell'esercito italiano adottando il principio della nazione armata, continuarono per tutto il 1800. In proposito A. Z., Ve' rità ingrate, cit., pp. 60-62, notava che la polemica contro l'esercito permanente è giusti­ficata se si è convinti che l'ordinamento attuale non produca tutta la forza militare che 0 paese potrebbe produrre. Ma qui si dimostra la vanità di coloro che la propongono senza produrre studi e proposte serie, che tengano conto della realtà e delle esigenze. Non basta scagliarsi contro tutti i capi che puniscono un inferiore; non basta con parole irritanti l'odio che si prova verso l'Esercito; io chiedo agli uomini onesti e seri quali siano i loro concreti progetti intorno alla voluta trasformazione. Sono però persuaso che i soste­nitori della np*ÌA"ft armata potranno uscire solo dall'esercito permanente . Sono afferma­zioni che sotto molti versi mi sembrano del tutto attuali.