Rassegna storica del Risorgimento

MOVIMENTO CATTOLICO PARMA 1861-1866; PARMA STORIA 1861-1866
anno <1982>   pagina <428>
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Bianca Montale
somma di 200 lire. Subito dopo il clero di Parma e della diocesi apre una sottoscrizione di concorrenti spontanei al pagamento i quali contribuiscono cia­scuno in diversa misura a coprire la spesa. I religiosi che mostrano la loro solidarietà al superiore sono circa 330, e una ventina i laici. Una cifra consi­derevole se si tiene conto del numero complessivo dei sacerdoti della diocesi: resta però da verificare quanto questa adesione sia spontanea e in quale misura dettata dall'opportunità e dall'obbedienza.25)
In questo periodo è viva la polemica tra l'abate Luigi Capello di S. Franco, che è stato nominato dal governo vice-economo per i benefici vacanti, e il vescovo che nega all'autorità civile il diritto di assegnarli a sacerdoti di suo gradimento, cioè liberali, e soprattutto la facoltà di ingerirsi nelle questioni interne e in quanto riguarda i beni della Chiesa. Per Cantimorri un religioso non può, come ha più volte detto, servire due padroni, e farsi strumento dello Stato nell'awer-sare le nomine proposte dal vescovo ciò che avviene con il rifiuto della no­mina di don Agostino Cor diviola nell'amministrazione dell'opera parrocchiale di S. Michele e nell'appoggiare preti avversi alla curia; l'abate Capello, con­vinto della piena legittimità del proprio operato sostiene le proprie ragioni in una lunga corrispondenza col superiore, e inoltra infine una supplica a Roma al Penitenziere maggiore il quale, pur sottolineando la condanna in linea di principio (officium iam esse reprobatimi), consente che Capello conservi di fatto la carica (prefatum officium ad nutum S. Sedis exercere valeat, remoto tamen scandalo et sub conditione ut in eo exercendo Episcopi Consilio se dirigat) ma d'accordo con l'autorità religiosa. Cosa che non è certo facile.
Capello scrive al vescovo di aver accettato le mansioni economali per garan­tirsi un'esistenza corrispondente al decoro della propria famiglia e procurarsi i mezzi per far fronte ad impegni di carità già da tempo contratti verso alcuni pii istituti: per questo chiede l'autorizzazione del Pontefice. Non ha firmato un indirizzo di 32 ecclesiastici liberali. Chiede a Cantimorri quali siano le leggi affatto eccezionali che reggono la pubblica cosa. Nel loro incontro il supe­riore ha espresso il dubbio sulla facoltà per l'abate di conciliare la sua qualità di religioso con la carica di Segretario del R. Economato Generale di Parma. La sua risposta è sì. Dal punto di vista giuridico, non è necessario il beneplacito della S. Sede: si tratta di un'estensione a Parma del R. Economato di Torino. I benefici vacanti sono privativa del Principato; ì sovrani cattolici ne sono pro­tettori, purché non siano usurpati né pregiudicati: egli non fa l'interesse mate­riale del fisco ma il benessere dei parroci. Capello definisce il vescovo non competente, e chiede di esser lasciato libero nelle proprie opinioni religiose e politiche ; la scomunica vale solo contro chi usurpa per proprio uso beni della Chiesa. Non si ritiene un ribèlle; ha ricevuto segni di stima dai più distinti ecclesiastici della diocesi: il Vicario, i rettori di S. Vitale, del S. Se­polcro, di S. Alessandro, della SS. Annunziata, i canonici Peluzzati, Visconti e Gardoni. In altra lettera dell'8 aprile riaffermando ossequio alle leggi della Chiesa si dice disposto a lasciare, se potesse ottenere un conveniente impiego nella carriera ecclesiastica >; evidentemente, però, Cantimorri non mostra sim­patie né propensione per una soluzione di questo tipo. Presenta, anzi, ad un dotto e savio teologo una serie di quesiti intorno all'Uffizio di R. Econo­mato per i benefizi della Diocesi , e ne trae queste risposte che confermano
25) L'elenco completo dei sottoscrittori prò vescovo, ohe si trova tra le carte Canti-moni, dà un quadro dettagliato e significativo del concorso del clero, soprattutto in pro­vincia: quasi tutti i comuni figurano nelle liste compilate nell*agoBto 1862.