Rassegna storica del Risorgimento
AZEGLIO MASSIMO TAPPARELLI D' BIBLIOGRAFIA; AZEGLIO MASSIMO TAP
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1982
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Libri e periodici
quadro di relazioni internazionali frenanti in vario modo la fuoriuscita dall'arretratezza. Era una prima analisi che affrontava in termini di concreta ricerca i problemi del perdurare del sottosviluppo di un'ampia area dell'Europa meridionale nel corso di un secolo in cui iniziava e si sviluppava nella parte settentrionale di questa la prima rivoluzione industriale.
Non si sottolineerà mai abbastanza l'apporto che le contemporanee teorie economiche dello sviluppo e sottosviluppo, ed il dibattito su di esse aperto in Italia, specie dagli anni I960, hanno esercitato ai fini di una elaborazione di modelli , la cui applicazione al settore degli studi storici, relativamente alla storia d'Italia, incomincia ormai a dare i suoi frutti.
Lo studio del Davis muove in generale da una parte da questa esigenza (dal problema, cioè, dell'industrializzazione e della natura della sfida lanciata al Regno di Napoli dalle potenze industriali europee: il che costituisce quanto è a monte delle risposte date al suo interno nella prima metà del XIX secolo da parte del ceto dominante, risposte le quali sono al centro dell'indagine); e dall'altra dalla esigenza di allargare l'ipotesi di lavoro di Macry per fare luce al di dentro dei vari pori della vita socio-economica del Regno (non si tratta solo delle strutture di mercato) ai fini di una individuazione dei vari meccanismi frenanti la crescita e del modo con cui essi si manifestavano ed operavano.
Davis condivide l'opinione di quanti da Pasquale Villani a Rosario Villari, a Luigi De Rosa, a parte gli studi più generali di Aurelio Lepre e Gaetano Cingari, opinioni e studi che trovano il loro retroterra culturale nelle indagini del Franchetti, del Sonnino, del Villari e del Salvemini, hanno manifestato idee pessimistiche sul grado di sviluppo delle provincàe meridionali.
Per il Davis occorre, però, superare il settorialismo di ricerche specifiche per singole branche di attività economiche. Non solo: ma occorre tenere fisso lo sguardo anche sulle strutture amministrative e sociali. E qui gli giova molto la lettura di Paolo Sylos Labini per il quale, com'è noto, la crescita economica non si può ridurre in parametri puramente economici .
H Davis in primo luogo identifica e studia i connotati della ristretta oligarchia, che, nata nel decennio francese e ce nuova rispetto a quella del secolo scorso in quanto è formata da stranieri in prevalenza, svolge a un tempo attività commerciali e finanziarie e finisce per esercitare un controllo di tipo monopolistico sulle attività economiche del Regno e sulla varia gamma di ce opportunità offerte dallo Stato. La presenza nel suo ambito di napoletani non dà adito a rotture all'interno di tale ristretto gruppo riconducibile a poche decine di famiglie, le quali continuano ad esercitare il loro dominio in forma monopolistica e gerarchica anche nel periodo di espansione nell'ultimo periodo borbonico. Si tratta dei Rothschild, dei Meuricoffe, degli Appelt, dei Turner, dei Rogers, dei Cumming Wood, dei mercanti di grano genovesi Rocca e quindi dei napoletani Falanga, De Martino, Montuori, Volpicelli, Ricciardi, Buono, Sorvillo, Fourquet (di origine genovese).
La limitatezza delle risorse dell'economia, l'arretratezza del principale e fondamentale comparto dell'apparato economico napoletano, dell'agricoltura, cioè, fa in modo che il vecchio meccanismo individuato dal Macry per il '700 si perpetui. Cambiano solo i nomi, nel mentre si allarga la sfera di intervento per le varie opportunità offerte dallo Stato. E qui il Davis respinge la tesi di una classe commerciale in ascesa a Napoli dalla seconda metà del '700, proposta dal Romano e già criticata a suo tempo dal Chorley, da Luigi De Rosa e dal Villani. L'imprenditorialità napoletana nel primo Ottocento ha poco o nulla che l'avvicina a quella che si è formata in molti Paesi dell'Europa settentrionale, ma che, invece, si può sicuramente riconoscere nella definizione che ne ha dato il Bovier per VAncien Regime: si tratta di una imprenditorialità, la quale, prodotta da un sistema arretrato, che essa stessa contribuisce a perpetuare, gira attorno alla Corte e alle operazioni sottese all'attività dello Stato nelle sue varie forme*
Si potrebbe muovere all'ampia ricerca del Davis la critica di aver troppo, se non esclusivamente, concentrata l'attenzione sulla capitale del Regno e di avere trascurata la provincia; e il Davis, e a ragione, potrebbe facilmente rintuzzare tale critica in quanto