Rassegna storica del Risorgimento
AZEGLIO MASSIMO TAPPARELLI D' BIBLIOGRAFIA; AZEGLIO MASSIMO TAP
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1982
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483
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Libri e periodici 483
BRUNO DI PORTO-LUCIO CECCHINI, Storto del Patto di Fratellanza. Movimento operaio e democrazia repubblicana 1860-1893, prefazione di Giovanni Spadolini; Roma, Edizioni della Voce, [1982], in 8, pp. XVI-462. S.p.
Gli autori del volume affermano nella premessa di voler tracciare un profilo sintetico dell associazionismo mazziniano e dell'organizzazione politico-sociale repubblicana dall'Unità sino alla crisi del Patto di Fratellanza. Si tratterebbe di un primo bilancio, come ipotesi di partenza per indagini più approfondite su problemi specifici di organizzazione, per una storia più completa di uomini e di realizzazioni concrete.
Entro i limiti ben precisi che si è posto, il libro è senza dubbio di qualche utilità pratica poiché raccoglie e collega in un filone, che è per altro complesso e composito rispecchiando le diverse componenti del repubblicanesimo, contributi già noti apparsi dall'ultimo dopoguerra ad oggi, e insieme voci ed interpretazioni diverse a seconda dell'ispirazione ideologica degli studiosi. Si tratta di un tentativo di storia che è sociale e politica insieme, dal momento che Mazzini ed i suoi seguaci collegano strettamente i due aspetti: com'è noto, per molti anni i congressi del Patto coincidono con quelli del partito.
Le due parti del libro sono cronologicamente divise tra loro: Bruno Di Porto cura il periodo anteriore al 1882, Lucio Cecchini quello successivo.
Il criterio con cui è affrontata la fase iniziale suscita non poche perplessità. Le molte pagine dedicate ai congressi piemontesi nulla aggiungono al discorso sul mutuo soccorso repubblicano, e potevano essere quasi del tutto omesse con un rinvio al Papa e al Manacorda, di cui sono semplici parafrasi. L'autore, dedicando per il periodo anteriore al '60 una sola paginetta all'associazionismo ligure dimostra, per dirla con Emilio Costa, di non aver sufficientemente compreso il senso del mutualismo delle origini . Lo studio esemplare del Costa è infatti citato, ma si ha l'impressione che non sia stato letto, o per lo meno adeguatamente meditato e digerito. Una storia del Patto, infatti, non può non iniziare da Genova e dalla Consociazione: perché sul modello della Consociazione, della sua organizzazione e dei suoi principi ispiratori nascerà appunto il Patto.
Per quanto riguarda lo svolgersi degli avvenimenti, non risultano elementi nuovi rispetto a quanto già noto attraverso studi ormai classici sul movimento operaio, dal Rosselli al Manacorda ad Aldo Romano, per non elencare che alcuni dei testi essenziali. La bibliografia è in questo campo assai ricca, e prevalentemente di impostazione marxista. L'autore ha effettuato una specie di collage senza particolare sforzo di selezione critica né di completezza.
Le note offrono, senza riserve né commenti, giudizi e voci disuguali per importanza e serietà critica. Spesso l'unica citazione risulta drasticamente e talora ingiustamente severa nei riguardi di esponenti mazziniani: ciò che rende perplessi, se si considera l'ispirazione repubblicana dell'autore. Un esempio per tutti: il rinvio, per una figura della statura di Savi, alla sola voce di Simonetta Soldani, improponibile perché unilaterale, scarsamente documentata e ferocemente denigratoria. È quanto meno singolare che Di Porto non citi nella bibliografia più di un saggio apparso proprio sul Bollettino della Domus Mazziniana, con il corredo di una importante documentazione: lavori dedicati appunto a Savi, all'ultimo Quadrio, allo sviluppo del mazzinianesimo sociale in Liguria negli anni
70.
La storia del Patto avrebbe dovuto essere appunto più limitata al tema e al tempo slessa più approfondita, e non ridursi ad un affastellamento di notizie di riporlo spesso discutibili. A nostro avviso il filone avrebbe dovuto partire dalla Consociazione genovese, la sua organizzazione e le sue realizzazioni, per passare al momento della politicizzazione del '61, e alla prima minuta originaria dell'Atto di Fratellanza, esistente presso l'Istituto Mazziniano; dopo il congresso di Napoli, seguire sino agli anni '70 la traccia dei congressi liguri, esemplari per tematica e contenuti.
Oggetto di molte discussioni potrebbero essere giudizi ancora da verificare, come quello sull'influenza pisacaniana a Napoli negli anni '60. (E qui concordiamo con le test di Alfonso Scirocco). E il dibattito potrebbe continuare sulla valutazione di Villa Buffi alla luce delle carte Quadrio.