Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVI PRIVATI; LOMBARDINI (FAMIGLIA) ARCHIVIO; SEZZE STORIA S
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1983
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hibri e periodici
torinesi a quelli di Cuneo, Novara, Milano, Vienna ecc., alle biblioteche pubbliche e private, e illustra l'azione delle varie Corti giudicanti (dalla Regia Delegazione ai Regi Senati) offrendo un riepilogo generale delle sentenze emanate da tutti gli organismi (tav. XV, p. 89) per un totale di 1787 inquisiti. Ma la parte propriamente nuova del lavoro, a nostro avviso, prende le mosse dal cap. IV da un lato studiando il contributo e l'importanza dell'esercito prima dei moti (e durante), le motivazioni della rivoluzione, l'analisi delle pene comminate, i compromessi ed i fuggiaschi ecc., e dall'altro valutando l'animi-lustrazione statale piemontese, l'atteggiamento di funzionari e impiegati verso la rivoluzione, le pene comminate, le destituzioni ecc.; terzo argomento interessante è rappresentato dall'azione dei borghesi prima dei moti e dopo, secondo i vari ceti sociali di appartenenza, dalla partecipazione degli studenti piemontesi e non, dal tipo di pena comminata ecc.; in tal senso il succedersi di tavole statistiche concernenti militari, borghesi, funzionari studenti ecc. offre un panorama completo ed articolato, secondo differenti angolazioni, tanto della partecipazione ai moti, quanto delle sentenze e delle pene inflitte. Il Parlato, che non vuole soltanto valutare il costo umano dell'insurrezione, ma intende individuare in particolare la massa di coloro che direttamente, o meno, furono coinvolti nei moti e che pagarono con la morte, la fuga e l'esilio la loro compromissione, tira una conclusione che noi ci sentiamo di condividere pienamente, perché fa entrare la rivoluzione piemontese del '21 nel vasto moto europeo in senso liberale e costituzionale e ne spiega il fallimento e gli effetti a lunga scadenza: ce Se talvolta l'impreparazione o l'ingenuità di chi guidò l'insurrezione del 1821 la fa assomigliare ad un avvenimento episodico, casuale nella storia piemontese, ad un colpo di Stato piuttosto affrettato e condotto con mano inesperta, in altre occasioni i moti del 1821 ci paiono il frutto di decennali aspirazioni storiche e politiche, il risultato del lavorio di società rivoluzionarie ramificate in tutta Europa, o addirittura uno dei tasselli che formarono un'unica strategia mirante a turbare l'equilibrio della Santa Alleanza (p. 207).
RENATO GIUSTI
A. PORRO, II prefetto e l'amministrazione periferica in Italia. Dall'intendente subalpino al prefetto italiano (1842-1871) (Pubblicazioni dell'Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica. Studi e Testi, 6); Milano, Giuffré, 1972, in 8, pp. XII-505. L. 6.200.
P. CASULA, I prefetti nell'ordinamento italiano. Aspetti storici e tipologici (Pubblicazioni dell'Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica. Studi e Testi, 7); Milano, Giuffré, 1972, in 8, pp. XI-236. L. 3.600.
È assai grave il ritardo con cui, per un banale disguido che ha in chi scrive il solo responsabile, segnaliamo la pubblicazione, ormai lontana nel tempo, di questi due volumi; e, sotto tale punto di vista, l'indicazione del prezzo a fianco dei titoli ha purtroppo un significato più. che altro archeologico. Ma il lasso di tempo intercorso dalla loro apparizione non deve far passare in secondo piano l'importanza del contributo offerto da questi due lavori, ugualmente validi, al settore degli studi sull'ordinamento dello Stato e, all'interno di questo, ai problemi dell'amministrazione pubblica e della sua burocrazia.
L'istituto prefettizio, strettamente connesso e, per dir così, funzionale al tipo di Stato che la classe politica italiana intese mettere in piedi negli anni dell'Unità sulla spinta di una serie di fattori quali strutturali e quali legati al particolare momento storico e ai contrasti, interni ed internazionali, ohe esso proponeva, istituto esaltato di volta in volta nelle sue funzioni di fiduciario in periferia della volontà del potere centrale oppure in quelle di tramite tra Governo e rappresentati, viene analizzato in una prospettiva che è, oltre e prima che giuridica, soprattutto storica. Porro prende infatti le mosse dalla figura dell'intendente subalpino e mostra con sicurezza di dottrina come da una primitiva configurazione prevalentemente amministrativa dell'organo prefettizio, passando attraverso il nodo dell'Unità e il breve dibattito sul decentramento, si arrivasse ad assegnargli compe-