Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVI PRIVATI; LOMBARDINI (FAMIGLIA) ARCHIVIO; SEZZE STORIA S
anno <1983>   pagina <77>
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Libri e periodici
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Tra queste va segnalata la testimonianza di uno dei protagonisti dei tentativi fatti a Roma, Filippo Spatafora, attivo esponente democratico, recatosi nella Città eterna dopo Aspromonte, che rievocò la vita del Comitato romano dal 1862 al 1867.
Chi è lo Spatafora? Anna Maria Isastia, attenta curatrice delle Memorie, traccia un'ampia biografia del personaggio. Nato a Roma nel 1830, lo Spatafora imparò a lavorare pietre dure e cammei nel celebre Ospizio di S. Michele. Nel '48 si entusiasmò agli ideali democratici e repubblicani, nel '49, dopo la caduta della repubblica, aderì alla mazziniana Associazione Nazionale; nel '53, deluso dalle lotte che laceravano i patrioti romani e forse sentendosi scoperto, abbandonò Roma. Successivamente (secondo notizie di cui la Isastia ha cercato invano di controllare l'attendibilità, perché i documenti relativi o sono perduti o non riportano il nome dello Spatafora) prese parte alla guerra di Crimea, nel '57 parti da Costantinopoli latore di un incartamento diretto a Mazzini dagli emigrati italiani ivi residenti, e fu a Milano, e poi a Ginevra; nel '59 rientrò in Italia e si arruolò (a suo dire) nei Cacciatori delle Alpi. Sempre secondo affermazioni non suffragate da documenti, nel *60 partecipò alla spedizione dei Mille. Fino ad Aspromonte visse tra Napoli e Salerno, a contatto col gruppo mazziniano-garibaldino del Popolo d'Italia. Subito dopo tornò a Roma, e fu tra i promotori e dirigenti del Comitato d'Azione romano, dal quale si dimise nel '65 per contrasti interni. Nel '66 lasciò lo Stato pontificio arruolandosi di nuovo tra i garibaldini. Ristabilitosi a Napoli, riprese i contatti con Roma con scopi poco chiari: nel­l'estate '67 fu arrestato dalle autorità pontificie e rilasciato senza processo; quindi ebbe una parte di secondo piano nella campagna dell'Agro romano.
A questo punto termina la parte giunta fino a noi delle Memorie. Da altre fonti sappiamo che lo Spatafora dopo Porta Pia svolse per pochi mesi a Roma una intensa attività politica. Poi dal '71, senza una apparente ragione, si allontanò dal partito: fece l'albergatore, ed entrò come impiegato nell'amministrazione comunale romana. All'inizio del Novecento cominciò a scrivere le memorie, a cui lavorò fino alla morte, avvenuta nel 1913.
Una vicenda umana, in complesso, non molto convincente (fu anche incolpato nel 1864 della sparizione di quindicimila lire inviate dal partito al Comitato) ed una testi­monianza assai tardiva, motivata dal desiderio di ristabilire la verità (la sua verità?) su avvenimenti che ritiene narrati in modo impreciso per superficialità o malafede. Lo Spa­tafora, però, si serve di una notevole documentazione in suo possesso e consulta le carte dei fondi Bruzzesi, Ugolini e Checchetelli, oggi nel Museo Centrale del Risorgimento. Le Memorie, quindi, avvalorate da lettere, circolari, manifesti, elenchi, articoli di giornali, <c ci consentono come scrive la curatrice nella bella introduzione di seguire, dall'in­terno, il rinascere in Roma dell'organizzazione democratica, il lento aggregarsi ad essa di elementi già politicamente attivi da anni e di giovani leve, i collegamenti esterni, del resto indispensabili, con Filippo De Boni, Giacinto Bruzzesi, Giuseppe Dolfi, Andrea Gian-netti, Benedetto Cairoli, Giuseppe Garibaldi, i contrasti e le diffidenze reciproche tra que­sti uomini, l'azione portata avanti dal Comitato romano in quegli anni, l'opera di propa­ganda all'interno e all'esterno, il lavoro pubblicistico, l'assistenza alle famiglie dei carcerati e degli esuli, la ripresa di stretti contatti con i capi storici e morali del partito, primo tra tutti Giuseppe Petroni (p. XII),
In effetti in questo primo volume le vicende del Comitato fino al marzo del 1864 (alle Memorie dal '64 al '67 sarà dedicato un secondo volume) sono raccontate minuzio­samente, in una prosa abbastanza scorrevole. Muta il quadro fissato dalla tradizione, che attribuì ai democratici un'azione priva di mordente e di vera efficacia? A noi non pare, almeno per il periodo trattato in questo volume. Senza dubbio, come sottolinea la cura­trice, si documenta che opera nella Città eterna un nucleo di democratici, che questo si impegna nell'azione, tanto da pubblicare tra il '63 ed il '65 ben 40 numeri ed 11 supple­menti di un giornale clandestino Roma o morte. Con ciò si sfatano le accuse di completa inerzia messe in giro a suo tempo dagli avversari moderati e recepite talvolta acriticamente dagli storici.