Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVI PRIVATI; LOMBARDINI (FAMIGLIA) ARCHIVIO; SEZZE STORIA S
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Libri e periodici
RUDOLF KOCH, DOS Krìegsgefangenehlager Sigmundsherberg 1915-1918; Dissertationen der Universitat Wien, 151, pp. VIII-398. Se. 300.
Il campo di prigionieri di guerra di Sigmundsherberg era uno dei più grandi della Prima guerra mondiale. Nell'aprile 1918 vi erano raccolti all'incirca 120.000 uomini, dei quali, però, tre quarti non si trovavano nel campo stesso, ma in dipendenze esterne. L'autore indica l'origine del campo, la sua amministrazione e la sorte dei prigionieri. Esso era stato costruito per circa 40.000 uomini, talvolta ve ne erano, però, varie migliaia in più, il che creava non pochi problemi. Sigmundsherberg era servito per un anno per raccogliere i prigionieri russi, ma, dal 1916 in poi, vi si trovavano esclusivamente italiani. Fungeva inoltre da centro postale per tutti i campi della monarchia austro-ungarica. Giornalmente vi arrivavano circa 7.000 pacchi, soprattutto dall'Italia per il miglioramento del vitto, e 20.000 lettere. Come in tutto il mondo la posta doveva essere controllata e censurata. Nella sola centrale postale erano impiegati 500 prigionieri. Il problema maggiore era, poi, l'occupazione dei prigionieri in genere. Esistevano delle officine dove si fabbricavano baracche e dove si smontavano gli aerei precipitati per il reimpiego dei vari pezzi di ricambio. Vennero inoltre formate delle squadre di lavoro che partivano da Sigmundsherberg per giungere in ogni parte della monarchia. Lavoravano nelle fabbriche, nelle miniere, negli uffici militari e civili e soprattutto nell'agricoltura. Nel corso del 1916 circa 50.000 prigionieri lasciarono Sigmundsherberg per lavorare altrove. Nel luglio dello stesso anno più di 20.000 internali erano impiegati nell'agricoltura. In genere per i lavoratori prigionieri di guerra vigevano le stesse leggi circa l'orario di lavoro, il riposo domenicale, la protezione ecc. che per gli operai civili. H datore di lavoro doveva impegnarsi colle autorità militari a trattare con giustizia i prigionieri, a far loro avere vitto sufficiente ed un alloggio decente nonché a permettere loro di assistere alla messa domenicale.
Nel campo si svolgevano corsi nelle diverse lingue e si cercava di intrattenere gli a ospiti con musica, teatro ed una accademia d'arte. Si era riusciti anche a mettere insieme una biblioteca aperta a tutti i prigionieri. Vari sacerdoti, soprattutto italiani, si curavano delle anime, mentre 7 medici austriaci e 25 italiani erano addetti al servizio sanitario. Non si verificò nessuna epidemia, ma la mortalità nell'inverno 1917-18 fu assai elevata, dato il fatto che dopo Caporetto molti feriti gravi arrivarono a Sigmundsherberg e che gli italiani erano debilitati da due anni di guerra e dovevano affrontare un inverno particolarmente rigido. A Sigmundsherberg sono morti in tutto 2.500 prigionieri, una percentuale relativamente bassa se raffrontata con la mortalità della Seconda guerra mondiale. Il cimitero esiste tuttora ed è curato in modo dignitoso.
Un altro enorme problema era l'approvvigionamento, che riguardava, però, non solo gli italiani, ma in ugual misura gli austriaci. Il blocco alleato provocherà vere e proprie carestie durante l'inverno 1917-18. A Sigmundsherberg funzionava una macelleria dove mensilmente venivano sacrificati circa 200 maiali, 70 buoi e 40 vitelli. Il campo disponeva, inoltre, di una fattoria di 40 ettari. Purtroppo ad essere avvantaggiati erano gli ufficiali, sia austriaci, aia italiani, mentre anche il personale austriaco vedeva ben poco di questi prodotti ed ancora meno i prigionieri semplici.
I malati e gli invalidi venivano, quando possibile scambiati con altri prigionieri e rispediti in Italia. Nel maggio 1918 partirono due trasporti, con 680 uomini, dopodiché l'Italia si rifiuterà di accogliere i propri prigionieri lino ad ottobre.
Alla fine del libro vengono riportate le opinioni di austriaci della zona di Sigmundsherberg, nonché di ex-prigionieri italiani e si confronta questa situazione con quella nei campi russi ed italiani. L'autore ha raccolto con grande diligenza le fonti nelle sue ricerche ed è riuscito a dare un contributo meritevole e prezioso per lo storia della Prima guerra mondiale. Il libro stesso può essere vivamente raccomandato a tutti gli ex-prigionieri ancora in vita ed in special modo agli storici italiani del periodo.
JOAHANN RAINEK