Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA RELAZIONI CON LA ROMANIA 1916-1920; ROMANIA RELAZIONI CO
anno <1983>   pagina <459>
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Lo Stato nazionale romeno e l'Italia 459
questione romena, non sfuggiva un problema particolare del nuovo Stato romeno: I problemi nazionali sono acuiti in Romania da quello fondamen­tale della trasformazione del suo regime politico a base feudale, a regime democratico . Gli Stati vicini e le stesse regioni annesse godevano di una costituzione agraria più equa e progredita , mentre la storia del contadino romeno è una storia di lagrime e sangue , punteggiata di rivolte inutili, che continuano a lasciarlo schiavo delle circostanze storiche e delle sue bestie . Fornito un quadro numerico dello stato sociale delle campagne romene, si affermava che la rivoluzione russa che ha fatto alzare la testa a tutti i proletari del mondo, la necessità per il Governo di non giustificare le correnti nazionali separatistiche o autonomiste, ha indotto questi a compiere una riforma agraria che ha per iscopo di creare una vasta classe di piccoli proprietari . Gli effetti di tale riforma non erano però prevedibili soprattutto in assenza di un catasto. Mancando un equilibrio sociale interno al vecchio Regno, la situazione si faceva più precaria ora che vi entravano a far parte regioni a legislazione sociale più avanzata. Esisteva, secondo quanto aveva scritto lo storico romeno Alexandru D. Xenopol, uno squilibrio tra la base e l'edificio che gli si vorrebbe far sopportare, e più l'edificio s'innalza, più lo squilibrio s'accentua . Insomma il pericolo è concludeva l'articolo che nel voler far fronte nel minor tempo possibile, ai problemi più gravi, il cozzo di due ere deformi la volontà, travii le migliori disposizioni nell'appli­cazione, orientando le regioni liberate verso i Paesi che, sbarazzatisi dei loro governi dispotici, si sono fatti banditori dell'estrema lotta del proletariato per la socializzazione . In realtà così non fu: la chimera rivoluzionaria non fu sufficiente a travolgere la nuova Romania, che pur non risolvendo se non parzialmente i suoi problemi sociali né godendo di un sistema parlamentare esente da critiche, ,36> fu tuttavia l'ultimo Stato nella penisola balcanica ad ammainare la bandiera della democrazia prima del secondo conflitto mon­diale.
Tornando ai mesi a cavallo tra 1918 e 1919 si può in definitiva affermare che alla parte più attenta dell'opinione pubblica italiana non sfuggì la forza di espansione della Romania che, dopo aver subito la pesante occupazione nemica, approfittava della contingenza favorevole per portare a compimento il proprio Risorgimento. Si pensi persino che vi fu chi rispolverò il problema degli Aromeni di Macedonia o Kutzovalacchi, sia pure in un'ottica tutta ita­liana. Il già ricordato Benedetto De Luca, che aveva insegnato all'Università di Bucarest ed era uomo totalmente guadagnato alla causa romena (lo si è visto), pubblicò infatti, prima sul Kuvèndt e quindi in estratto, un saggio intitolato Gli Aromeni nel nuovo assetto balcanico , che riprendeva in parte altri due suoi scritti sullo stesso tema del 1912 ( I Romeni della Macedo-
135) La Voce dei Popoli, I, 12. marzo-maggio 1919, pp. 337-339; cfr. VAvanti!,
23 dicembre 1918.
U6) Un giudizio negativo, ad esempio, in B. VAI.OTA, op, cil., pp. 245 sgg., dove viene usata l'espressione dittatura mascherata per il lungo governo di Ion BrStianu (1922-1926, 1927). Riguardo alla credibilità del sistema elettorale fortemente critico (anzi eccessivo) il saggio di I. GRAMADA-V. POPOVICI, Reformele /cicute de regimiti burghezo-mosieresc din Romania sub presiunea avìniului revolufionar al maselor papillare Imre anii 1917 fi 1921, in Studii fi materiale de istorie contemporanà, I, 1956, pp. 67-108, in particolare pp. 93-95.