Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno
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1983
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pagina
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473
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Libri e periodici
ATS
quel patto di Roma del 1872, quella lega della democrazia del 1879 che egli ricorda con opportunità ma un po' incongruamente (io vi aggiungerei la campagna del 1881 per il suffragio universale) e che costituiscono il passaggio effettivo, sostanziale, dalla camicia rossa all'estrema sinistra parlamentare come partito potenzialmente di maggioranza e di governo, ben al di là dell'anticlericalismo o della vaga religiosità o della guerra come principio (!?) in cui anche il Nostro rimane pericolosamente e soprattutto infecondamente impigliato.
Questi spunti di cultura e di sensibilità, che pochissimo, per fortuna, hanno da spartire con la politica, sono viceversa quelli che necessariamente meglio giustificano ed animano il contributo di Angelo Cardillo su Garibaldi scrittore, quell'ossessione pretofoba che vigoreggerà nelle appendici e nelle rubriche di tanta stampa a cavallo dei due secoli, fino ai romanzi giovanili di Mussolini, in cui la componente tardogaribaldina andrebbe pure ben tenuta presente, ma anche la lotta contro la natura malvagia e subdola, sia pur condotta attraverso gli espedienti scientisti délYexcetsior, le ferrovie e le bonifiche, la condanna del governo, cioè del potere in quanto tale, perché d'origine pessima e per lo più ladra , e della guerra ( O voi perpetratori di macelli umani... ) e della pena di morte, l'umanitarismo, insomma, che si sublima nell'anima immortale, nell'amore, nel Dio che paga tardi ma paga giusto, e costituisce il nocciolo autentico, ancorché insuperabilmente romantico ed ottocentesco, del garibaldismo, appunto perciò travisato e negletto tanto nei camuffamenti nazionalistici quanto nelle stroncature dell'intellettualismo ben pensante.
Il volume degli atti è completato da uno studio di Antonia Lezza che, attraverso un iter letterario e poetico di stampo tardofoscoliano e vagamente desanctisiano sotto il profilo critico, ricostruisce l'approccio garibaldino di un largo settore dell'intellettualità meridionale, Domenico Mauro facendo da significativo tramite e filtro autoctono cosi per il Muraglia come per il Curzio {di cui è ripubblicato il carme Glorie e speranze del 1859) fino al giovanissimo Verga le cui Sicilia e Venezia più o meno fabulosamente risorgimentali, cospiratorie e garibaldine meriterebbero forse maggiore attenzione proprio nell'ambito del gusto e della cultura militante, e da un saggio del Gargiulo sullo sfruttamento dell'immagine che la moda 1982 ha operato a danno e magari a strazio di Garibaldi, un Salgari rimesso a nuovo nell'esteriorità e nei drappeggiamenti baritonali per dirla con Sciascia, ridicolizzato e demolito all'interno da una libidine della dissacrazione che ormai non ha che da rivolgere, più o meno impietosamente che sia, gli artigli contro se stessa e contro quelli che, malgrado tutto, rimangono i suoi idoli ed i suoi miti, le divinità che si vedono, come ironizzava un buon garibaldino quale Agostino Bertani, e che restano infinitamente più spregevoli e più mediocri rispetto a quelle che non si vedono.
RAFFAELE COLAPFETRA
LODOVICO MA LAVASI, Storia della vita dei Malavasi di Cesare da Villa Roncaiearuni dalla seconda metà del Cinquecento al 12 febbraio 1923 che per Lodovico ebbero nel Seicento cittadinanza modenese. La corredano cenni sull'ambiente nel quale ciascuno trascorse l'esistenza', Cava dei Tirreni, 1982, edizione fuori commercio, in 8, pp. 474. S.p.
La pubblicazione delle memorie di famiglia era prerogativa del XIX secolo, quando la stampa aveva costi meno alti di quelli di oggi. Si deve quindi lodare la famiglia Malavasi per la pubblicazione di questo grosso volume, una miscellanea di documenti familiari di vario interesse, che riguardano prevalentemente il Ducato di Modena.
Non essendo però opera di uno storico, il testo si presenta, come il titolo, irto di dati disparati, che se fossero stati meglio ordinati avrebbero invogliato alla lettura, che si svolge con difficoltà e senza supporti critici.