Rassegna storica del Risorgimento
MANTOVA IDEA NAZIONALE SEC. XIX
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1984
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L'idea nazionale a Mantova
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rilievo di tale età), quanto piuttosto ci interessano l'incidenza delle nuove strutture sull'opinione pubblica, il diffondersi di nuove idee ed abitudini, il rapporto tra politica, cultura e ideologia. Il fervore di iniziative delle autorità non ebbe almeno all'inizio il conforto dei vari ceti della popolazione; molta strada rimaneva da percorrere per giungere all'idea e alla pratica di uno Stato moderno nazionale, fondato sul consenso dei cittadini. Le due antiche classi dominanti, clero ed aristocrazia, non avevano vista minacciata la loro autorità, non cessavano dall'essere ancora dominanti e mantenevano intera l'influenza morale; ad esse si andava avvicinando il terzo stato, che forniva i migliori funzionari del regime, mentre restavano sempre più isolati (a meno che non si fossero inseriti in qualche pubblico impiego civile o mlitare) i vecchi giacobini ed i patrioti più avanzati. La scomparsa o l'attenuazione dello spirito giacobino (ben presente negli esponenti della borghesia del triennio) si combina e si intreccia con la normalizzazione della vita economica, con il diffondersi della Loggia massonica (Amici della gloria e delle arti) presso militari, funzionari, nobili ecc., con l'atavica rassegnazione del mondo del contado che esplode talora (come nel 1809) in atti di brigantaggio e d'insurrezione, in manifestazioni di malcontento; rammentiamo un passo soltanto da un libello trovato a Ponteterra nel 1809:
VAltissimo di Su ci manda la tempesta, l'Altissimo di giù ci toglie quel che resta, onde tra due Altissimi, restiamo poverissimi.
Negli ultimi anni del Regno Italico si ribadivano ancor più gli stretti vincoli con la Francia, si susseguivano le campagne di guerra in cui erano presenti anche truppe italiane, si andava incrinando il prestigio imperiale, specie dopo la sconfitta di Russia, con qualche effetto anche in Italia dove non mancavano motivi di reazione all'egemonia napoleonica, aspirazioni ed azioni segrete per separare la fine del dominio napoleonico da quella del Regno italico, del quale si voleva fare una realtà autonoma; dalla sconfitta di Lipsia in avanti, era in gioco non soltanto la sorte del grande impero, ma l'esistenza della Francia di Napoleone e del Regno del Viceré Eugenio al quale guardavano con programma moderato e sincera devozione il Melzi, l'Aldini, il gruppo senatorio, gli alti ufficiali. E proprio sul Mantovano, rifiutando il Viceré di salvare non tanto il trono d'Italia, quanto la costruzione compiuta in quei dieci anni di regno, si concludeva una parabola politica e militare che, proprio dall'assedio di Mantova del '96, aveva preso avvio; gli ultimi combattimenti, la convenzione di Schiarino-Rizzino, la sommossa popolare a Milano, la presa di possesso del Regno da parte del Belle-garde e dell'Austria mettevano fine alle residue speranze del partito militare italiano di un Regno autonomo-indipendente nel quadro della dissoluzione dell'impero napoleonico. L'idea nazionale doveva percorrere una lunga strada per affermarsi veramente, non radicata in piccole élites, ma fondata su ampie forze popolari-n azionali.